img


"FILOSOFIA ANALITICA"
FilosofiaAnalitica-1
Filosofia analitica-1
In ambito filosofico l'analisi è il metodo tramite il quale è possibile trasformare espressioni complesse in altre più semplici e fondamentali.
Il suo ambito effettivo è il linguaggio.
La filosofia analitica è definibile come studio che ha per scopo la chiarificazione di un'espressione e il suo uso nel discorso.
Essa ricerca il significato di concetti e proposizioni, il contesto del loro uso e stabilisce la correttezza logica delle descrizioni.
La filosofia analitica favorisce il sorgere di un nuovo metodo filosofico, al centro del quale è posto lo studio del linguaggio in tutti i suoi riferimenti alla realtà.
Essa non si interessa della formazione di sistemi ma costituisce, piuttosto, uno strumento atto a liberare una disciplina filosofica da confusioni linguistiche.
Secondo Gilbert Ryle:
    «Il compito di un filosofo non si esaurisce
    con l'essere filosofo, esperto,
    ma con l'essere filosofo
    di un filosofo.»
La logica indaga i fondamenti più profondi del linguaggio, per esempio il significato di "verità", "definizione", "grammatica".

GOTTLOB FREGE (1848-1925) è considerato uno dei padri della logica moderna e dell'analisi linguistica.
A lui si deve l'elaborazione di una dottrina che assegna a un'espressione, a una formula o a una frase due cose: senso e significato.
"Scott" e "l'autore di Waverley'" hanno lo stesso significato: la persona "Walter Scott", ma diverso senso.
"L'attuale re di Francia" ha, come espressione, un senso, ma nessun significato.
Da Leibniz, Frege riprende il principio della "sostituzione":
    «Sono identiche cose che è possibile sostituire
    alternativamente, senza che venga modificata,
    nel contempo, la realtà (salva veritate).»
Sostituendo un elemento essenziale di un'espressione con un'altra parte, che ha lo stesso significato, se ne modifica il senso, ma non il significato.

GEORGE EDWARD MOORE (1873-1958) sviluppa l'analisi in polemica con la filosofia idealistica, che, in Inghilterra, ha in Bradley il suo maggiore esponente,
opponendole le opinioni incontestabili del senso comune (common sense).
Ponendo esse a fondamento, l'analisi serve alla chiarificazione dei presupposti mascherati e delle insensatezze logiche delle teorie filosofiche.
Nei Principia ethica, Moore cerca di chiarire l'uso del predicato buono.
David Hume aveva definito il passaggio da enunciati dell'essere a enunciati del dovere un'inammissibile fallacia.
Partendo da un'impostazione analitica, Moore perviene alla conclusione che il predicato buono non sia ulteriormente analizzabile ma rappresenti, piuttosto, una qualità semplice, non ulteriormente riducibile.
Essa viene pertanto, in base agli atti di coscienza suoi propri, colta intuitivamente.
Tutti i tentativi di definire il predicato buono attraverso altre proprietà conducono a una fallacia naturalistica.

BERTRAND RUSSELL (1872-1970), i cui lavori trattano quasi tutti gli ambiti della filosofia, diede i contributi più significativi alla logica e all'analisi, quest'ultima definita "analisi formale", indagine del mondo a partire dal punto di vista puramente logico.
Russel pensa a una cosmologia astratta, che si occupa delle strutture ultime del linguaggio e del cosmo.
I Principia mathematica, redatti fra il 1910 e il 1913 insieme a Whitehead, intendono fondare la matematica sulla base di concetti logici e proposizioni.
Nel suo Atomismo logico, Russell sostiene che una proposizione corrisponde al mondo.
Una funzione proposizionale indica la costruzione delle parti dell'enunciato.
Questa funzione (scritta, p. es., "C[x]") si ottiene introducendo variabili come costituenti della proposizione (p. es. "x è l'autore di 'Waverley'"):
    «Una funzione proposizionale è semplicemente
    un'espressione qualsiasi che... contiene diversi
    costituenti indeterminati e che diviene una
    proposizione non appena vengono definiti i
    costituenti indeterminati.»
Un nome proprio è un semplice simbolo che inlica il significato di questo nome e con cui poso avere familiarità.
Nessuno può denominare qualcosa con cui non ha familiarità.
Ogni singolo elemento è un'entità indipendente.
Una proposizione si riferisce a un fatto come "vera" o come "falsa".
Una proposizione atomica è la proposizione più semplice in assoluto, che indica se una cosa particolare possiede una qualità determinata o sta in un rapporto determinato, per esempio:
«Questo è bianco.»
La corrispondenza fra una proposizione atomica un fatto atomico è isomorfa.
Sostantivi o nomi propri corrispondono a oggetti o singole persone, gli aggettivi corrispondono a qualità e i verbi a relazioni.
Una proposizione molecolare contiene in sé altre proposizioni come suoi componenti.
La sua verità o falsità è ricavabile dalla verità o falsità dele proposizioni di cui essa si compone.
Russel sostiene in tal modo, l'esistenza di una corpondenza fra l'universo delle proposizioni e l'universo dei fatti.

FilosofiaAnalitica-2

Filosofia analitica-2
La teoria russelliana delle descrizioni ha il fine di porre l'uso di parti delle proposizioni che non sono nomi propri su un sicuro fondamento logico e linguistico.
Il significato di un nome proprio è l'oggetto che esso definisce.
"Espressioni descrittive" non hanno, per se stesse, alcun significato, sono simboli incompleti e si presentano, quindi, come parti di proposizioni.
Queste caratterizzazioni sono importanti perché di molte cose non abbiamo conoscenza diretta; esse ci sono note solo dalle descrizioni.
Nel contempo, il loro uso trae spesso in inganno e conduce a paradossi, come, per esempio, nell'enunciato «L'attuale re di Francia è calvo»:
«Se esaminassimo le cose glabre e quelle che non lo sono, non troveremmo tra queste l'attuale re di Francia.
» Ovvero, egli è calvo e non lo è, cosa che va a ledere il principio di contraddizione.
La teoria di Russell mira all'eliminazione di determinate descrizioni all'interno di un contesto specifico, in modo che l'espressione linguistica raggiunta sia equivalente all'originale.
Egli distingue qui i tre casi delle descrizioni:
1) Un'espressione è una descrizione, senza che definisca qualcosa: «L'attuale re di Francia.»
2) Un'espressione descrive un determinato oggetto: «L'attuale regina d'Inghilterra.»
3) Una proposizione descrive in modo indeterminato: "un uomo" definisce un uomo indeterminato.
«L'attuale re di Francia esiste» viene analizzato in «Una e una sola entità è il re di Francia», enunciato che è falso e con esso è falsa anche la congiunzione con «ed è calvo», perché la prima Parte della proposizione è falsa.
Russell definisce secondario questo uso di una descrizione, se la forma della frase è: «È falso che esista un'entità, la quale... »

ALEXIUS VON MEINONG (1853-1920) aveva definito "oggetti non esistenti" cose come il quadrato rotondo e la montagna dorata.
Per negare la loro "sussistenza" è necessario considerarli oggetti.
Dopo l'analisi, essi non sono più necessari come soggetti di proposizioni.
«Il monte d'oro non esiste» presuppone il monte come soggetto della frase.
Nella forma analizzata esso scompare: «Non esiste alcuna entità che è al tempo stesso un monte e d'oro.»

Dal principio di sostituzione di Frege si costituisce una tautologia quando espressioni di uguale significato vengono sostituite alternativamente.
Se diciamo «Scott è l'autore di Waverley», ciò significa: «l'autore di Waverley» sta per «Scott», che lo scrisse e, infine, «Scott è Scott».
In questo caso, l'identità viene espressa nella forma analizzata, senza produrre una tautologia.
L'analisi dà: «Scott scrisse Waverley; ed è sempre vero di y che y è uguale a Scott se y scrisse Waverley.»
In generale, vale per la forma dell'enunciato C(x), che contiene una descrizione per l'introduzione per x:
C(tutto) significa «C(x) è sempre vero».
C(nulla) significa: «"C(x) è falso", è sempre vero.»
C(qualcosa) significa: «È falso che "C(x) è falso" è sempre vero.»

GILBERT RYLE (1900-1976) (Espressioni sistematicamente fuorvianti, 1931-32) rileva la costante confusione esistente fra enunciati grammaticali e forme logiche.
Nell'enunciato «Non esistono mucche carnivore», per esempio, «mucche carnivore» non definisce un oggetto e «non esistono» non è un predicato.
La forma logica dell'espressione deve quindi essere: «Nulla è al tempo stesso una mucca e carnivoro».
Tutte le proposizioni di questo genere traggono in inganno se la loro forma grammaticale non è adeguata al dato di fatto che esse descrivono.
L'interesse di Ryle è rivolto a queste confusioni categoriali: vengono associati concetti a un modello logico al quale essi non appartengono.
    «Espressioni, con le quali è possibile rispondere
    a una stessa domanda, appartengono alla
    stessa categoria.»
Solo queste espressioni possono venire poste allo stesso livello all'interno di un enunciato.
Secondo Ryle, anche "il dogma del fantasma nella macchina" (= le dottrine tradizionali su spirito e corpo) sorge da inganni di tal genere: considerare, per esempio, un atto di volontà come parte della catena dei nessi causali di un'azione.
Un uso non accorto del linguaggio induce a suporre dietro l'azione empirica un'entità nascosta come lo spirito.
I criteri adoperati per l'uso di aggettivi che connotano atti del pensiero o idee vengono ricavati da azioni tangibili che risultano essere efficaci con una certa costanza.
Un'unica azione potrebbe presentare casualmente una caratteristica.

FilosofiaAnalitica-3

Filosofia analitica-3
L'empirismo logico, detto anche neopositivismo, fu diffuso dal circolo di Vienna, che ebbe fra i suoi esponenti Moritz Schlick, Rudolf Carnap, Gustav Bergmann, Herbert Feigl, Kurt Gòdel, Hans Hahn, Otto Neurath, Friedrich Waismann.

ALFRED JULES AYER (1910-1989) condivide con il circolo di Vienna la concezione della filosofia come analisi del linguaggio e il rifiuto della metafisica (Linguaggio, verità e logica, 1936).
La filosofia non si contrappone alla scienza; bensì, al contrario, dipende da essa.
Molti esponenti del circolo sono, innanzitutto, matematici e fisici.
Loro particolare desiderio è, perciò, una fondazione della logica e del linguaggio delle scienze naturali.
È possibile parlare in modo sensato di logica, matematica e scienza.
Se un enunciato non è verificabile o costituisce una tautologia è, dal punto di vista conoscitivo, privo di senso.
L'elaborazione del criterio di verificazione costituisce un tema importante: in base a esso, gli enunciati sono da considerarsi dotati di senso se il loro contenuto può essere verificato empiricamente o se è possibie stabilire in che modo sarebbe verificabile.
Carnap scrive:
    «Il significato di un enunciato... si identifica
    con il modo in cui stabiliamo la sua verità o
    la sua falsità; e un enunciato ha significato
    solo se una tale verifica è possibile.»
L'esigenza di scientificità e la concezione del linguaggio come calcolo conducono, in tal modo, a un rifiuto della metafisica.

RUDOLF CARNAP (1891-1970) vuole sostituire alla filosofia la logica della scienza, innanzitutto attraverso la sintassi (La sintassi logica del linguaggio, 1934). Essa deve servire alla creazione di linguaggi ideali, ovvero formali ed esatti.
Per riconoscere gli pseudoproblemi della filosofia, Carnap distingue fra modi di parlare contenutistici e formali, laddove gli enunciati "filosofici" vengono assegnati a un ambito mediano.
Il contenuto di enunciati di tal genere si riferisce apparentemente a oggetti, ai quali la loro forma rimanda; in realtà, però, a parole.
Per esempio: «Cinque non è una cosa» sembra esprimere qualcosa riguardo a un oggetto, mentre, al contrario, si riferisce alla parola "cinque.
Gli enunciati, in particolar modo quelli della metafisica, simulano un riferimento oggettivo che non hanno.
L'uso di molte espressioni filosofiche è privo di significato.
Perché abbiano significato per ogni parola "a" si devono conoscere le sue qualità empiriche e per la proposizione elementare "S(a)" (una proposizione in cui compare "a") è necessario stabilire condizioni di verità, che sono i criteri in base ai quali è verificabile quando "S(a)" è vera o falsa.

La filosofia del linguaggio ordinario attinge al secondo Wittgenstein: «Non indagare sul significato, indaga sull' uso».
La ricerca di un significato definito, di criteri ultimi e di precisione sintattica viene posta in dubbio, a favore di un'attenzione al contesto, alle somiglianze di famiglia delle parole e degli enunciati e all'uso effettivo e pratico del linguaggio.
La filosofia diviene attività e non più un corpus di enunciati.
Susan Stebbing, Peter Strawson, John L. Austin sono alcuni fra coloro i quali si distaccano dal positivismo.
Compito principale è analizzare il linguaggio ordinario e i suoi rapporti con il mondo quotidiano.
L'interesse si sposta dalla definizione alla descrizione, dall'analisi alla chiarificazione, dalla riduzione alla spiegazione, dal rigore sintattico all'uso legittimo del linguaggio.
Il significato, punto centrale dell'analisi, non è più solo il rapporto fra le parole e il mondo, ma viene interpretato come l'insieme di regole, convenzioni, usi e altre applicazioni di parole.
In tal modo scompare, come fine filosofico, la creazione di linguaggi ideali e con esso la necessità dell'analisi.

Attraverso la sua teoria degli atti linguistici, JOHN L. AUSTIN (1911-1960) analizza le diverse funzioni del linguaggio.
Esso non può avere solo una funzione descrittiva o constativa, ma deve essere anche "performativo": determinate paole servono a compiere un'azione, come, per esempio, la parola "sì" nella celebrazione del marimonio.
Austin distingue fra atto locutorio, che consiste nel semplice pronunciare, e l'atto illocutorio, l'attività a esso collegata (mettere in guardia, minacciare, ringraziare).
A essi si aggiunge l'aspetto perlocutorio, ovvero l'effetto di canto espresso.
Affinché gli atti linguistici possano riuscire devono essere assolte determinate condizioni.
L'asserzione deve essere comprensibile nell'amito di determinate convenzioni.
Ordini impartiti a un subalterno sono, per esempio, senza effetto.
Viene richiesta, inoltre, una realizzazione corretta e completa: Una scommessa è giusta solo se un'altra persona scommette contro e se il cavallo non ha già raggiunto il traguardo.

La filosofia analitica apre la strada a un nuovo metodo all'interno della filosofia, al cui centro è lo studio del linguaggio in ogni sua relazione con la realtà.