"FENOMELOGIA"
Fenomelogia-1
EDMUND HUSSERL
(1859-1938) è il fondatore della fenomenologia, una delle correnti filosofiche
più importanti del XX secolo.
Il termine vuole indicare l'esigenza di astenersi, in ambito filosofico, dal fornire affrettate interpretazioni del mondo e di attenersi, con un atteggiamento libero da pregiudizi, all'analisi di quanto si manifesta alla coscienza.
Intenzione di Husserl era fondare la filosofia, tramite il metodo fenomenologico, come "scienza rigorosa".
Nelle sue Ricerche logiche (1900/1901), Husserl rompe con lo psicologismo allora diffuso, secondo il quale le leggi della logica erano da considerarsi null'altro che l'espressione delle leggi psichiche che stanno a loro fondamento e alle quali sono da ricondurre.
Opponendosi a questa concezione, Husserl dimostra l'idealità della logica pura, le cui leggi sono da ritenersi indipendenti dall'effettivo manifestarsi dei processi mentali.
Già la quinta e la sesta delle Ricerche logiche contengono i fondamenti dell'analisi della coscienza fenomenologica, che saranno successivamente sviluppati nelle Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913).
Tutte le sue osservazioni devono fondarsi sul dato intuitivo ed evidente dei fenomeni di coscienza.
A fondamento sta il concetto di intenzionalità, che Husserl riprende
da FRANZ BRENTANO (1838-1917).
Con questo termine Brentano definisce la particolarità dei fenomeni psichici, a differenza di quelli fisici, di riferirsi a qualcosa, ovvero di essere sempre coscienza di qualcosa.
Husserl sviluppa questo concetto: l'intenzionalità della coscienza rimanda alla correlazione fra le manifestazioni della coscienza
(p. es. percepire, ricordare, amare), che si riferiscono a un oggetto
(atti intenzionali: nóesis, plur. nóesen), e l'oggetto, nel modo in cui esso compare all'interno di queste manifestazioni (il senso: nóema, plur. noémata).
L'oggetto inteso è il risultato di una sintesi, nella quale molteplici nòesen vengono riunite nella coscienza dell'oggetto.
Nòema non è l'oggetto nel suo essere reale in sé, bensì quello intenzionalmente contenuto nella funzione significante delle manifestazioni di coscienza.
I dati dell'esperienza hanno funzione di supporto per le nòesen.
Perciò, secondo Husserl, l'analisi della percezione riveste un ruolo fondamentale.
Una caratteristica dell'intenzionalità è il suo tendere all'evidenza.
Per evidenza si intende il dato certo di un qualcosa intenzionalmente supposto per la coscienza.
Per riuscire a cogliere fenomeni di tal genere è necessario modificare radicalmente il nostro atteggiamento naturale nei confronti del mondo, a favore di ciò che Husserl definisce riduzione fenomenologica.
L'atteggiamento naturale ci porta a pronunciare in continuazione
giudizi sull' essere degli oggetti in sé.
L'atteggiamento fenomenologico, al contrario, si astiene dall'esprimere qualsiasi giudizio sull'essere o il nonessere degli oggetti e rende così possibile un'osservazione libera da pregiudizi della coscienza pura, ovvero di ciò che è dato come fenomeno nella correlazione di nòesie e nòema.
Husserl definisce questo processo con un termine che esprime un concetto elaborato dagli scettici nell'antichità: epoché (sospensione).
Un ulteriore tratto fondamentale della fenomenologia è la riduzione eidetica (eidos = essenza).
Suo oggetto non sono i singoli casi di intenzionale esperienza vissuta di singoli individui, ma le leggi fondamentali e conformi all'essenza delle esperienze.
Fenomenologia è, in tal senso, intuizione dell'essenza.
Con l'aiuto della riduzione è possibile chiarire in base a quali funzioni si costituiscono la coscienza stessa e l'oggettività e quindi il mondo nella coscienza.
Alla base di questo costituirsi si rivela l'identità dell'io puro, nella cui (auto)coscienza si fonda la connessione delle esperienze.
Nell'applicazione del metodo fenomenologico, Husserl sviluppa una notevole quantità di acute analisi.
Da rilevare è la fenomenologia relativa alla coscienza interna del tempo.
Qui Husserl illustra come la coscienza di un tempo oggettivo, all'interno del quale oggetti ed esperienze vengono circoscritti a un punto fisso, si fonda sulla coscienza interna della temporalità.
Primaria è la coscienza del presente come presente attuale della sensibilità, perché è il luogo di ogni attualizzazione di esperienze passate e future.
Il presente non è puntuale; esso manifesta, al contrario, un'estensione in base alla quale ciò che è appena stato viene percepito ancora presente (ritenzione), mentre ciò che sta per avvenire è già atteso (protensione).
Il presente attuale è collegato da una catena di ritenzioni a ciò che è trascorso e il cui presente attuale, quindi, è esistito un tempo.
Questa catena di ritenzioni che si mantiene come presente "sprofondato" rende possibile rintracciare nel ricordo elementi del passato e attualizzarli.
Il termine vuole indicare l'esigenza di astenersi, in ambito filosofico, dal fornire affrettate interpretazioni del mondo e di attenersi, con un atteggiamento libero da pregiudizi, all'analisi di quanto si manifesta alla coscienza.
Intenzione di Husserl era fondare la filosofia, tramite il metodo fenomenologico, come "scienza rigorosa".
Nelle sue Ricerche logiche (1900/1901), Husserl rompe con lo psicologismo allora diffuso, secondo il quale le leggi della logica erano da considerarsi null'altro che l'espressione delle leggi psichiche che stanno a loro fondamento e alle quali sono da ricondurre.
Opponendosi a questa concezione, Husserl dimostra l'idealità della logica pura, le cui leggi sono da ritenersi indipendenti dall'effettivo manifestarsi dei processi mentali.
Già la quinta e la sesta delle Ricerche logiche contengono i fondamenti dell'analisi della coscienza fenomenologica, che saranno successivamente sviluppati nelle Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913).
Tutte le sue osservazioni devono fondarsi sul dato intuitivo ed evidente dei fenomeni di coscienza.
A fondamento sta il concetto di intenzionalità, che Husserl riprende
da FRANZ BRENTANO (1838-1917).
Con questo termine Brentano definisce la particolarità dei fenomeni psichici, a differenza di quelli fisici, di riferirsi a qualcosa, ovvero di essere sempre coscienza di qualcosa.
Husserl sviluppa questo concetto: l'intenzionalità della coscienza rimanda alla correlazione fra le manifestazioni della coscienza
(p. es. percepire, ricordare, amare), che si riferiscono a un oggetto
(atti intenzionali: nóesis, plur. nóesen), e l'oggetto, nel modo in cui esso compare all'interno di queste manifestazioni (il senso: nóema, plur. noémata).
L'oggetto inteso è il risultato di una sintesi, nella quale molteplici nòesen vengono riunite nella coscienza dell'oggetto.
Nòema non è l'oggetto nel suo essere reale in sé, bensì quello intenzionalmente contenuto nella funzione significante delle manifestazioni di coscienza.
I dati dell'esperienza hanno funzione di supporto per le nòesen.
Perciò, secondo Husserl, l'analisi della percezione riveste un ruolo fondamentale.
Una caratteristica dell'intenzionalità è il suo tendere all'evidenza.
Per evidenza si intende il dato certo di un qualcosa intenzionalmente supposto per la coscienza.
Per riuscire a cogliere fenomeni di tal genere è necessario modificare radicalmente il nostro atteggiamento naturale nei confronti del mondo, a favore di ciò che Husserl definisce riduzione fenomenologica.
L'atteggiamento naturale ci porta a pronunciare in continuazione
giudizi sull' essere degli oggetti in sé.
L'atteggiamento fenomenologico, al contrario, si astiene dall'esprimere qualsiasi giudizio sull'essere o il nonessere degli oggetti e rende così possibile un'osservazione libera da pregiudizi della coscienza pura, ovvero di ciò che è dato come fenomeno nella correlazione di nòesie e nòema.
Husserl definisce questo processo con un termine che esprime un concetto elaborato dagli scettici nell'antichità: epoché (sospensione).
Un ulteriore tratto fondamentale della fenomenologia è la riduzione eidetica (eidos = essenza).
Suo oggetto non sono i singoli casi di intenzionale esperienza vissuta di singoli individui, ma le leggi fondamentali e conformi all'essenza delle esperienze.
Fenomenologia è, in tal senso, intuizione dell'essenza.
Con l'aiuto della riduzione è possibile chiarire in base a quali funzioni si costituiscono la coscienza stessa e l'oggettività e quindi il mondo nella coscienza.
Alla base di questo costituirsi si rivela l'identità dell'io puro, nella cui (auto)coscienza si fonda la connessione delle esperienze.
Nell'applicazione del metodo fenomenologico, Husserl sviluppa una notevole quantità di acute analisi.
Da rilevare è la fenomenologia relativa alla coscienza interna del tempo.
Qui Husserl illustra come la coscienza di un tempo oggettivo, all'interno del quale oggetti ed esperienze vengono circoscritti a un punto fisso, si fonda sulla coscienza interna della temporalità.
Primaria è la coscienza del presente come presente attuale della sensibilità, perché è il luogo di ogni attualizzazione di esperienze passate e future.
Il presente non è puntuale; esso manifesta, al contrario, un'estensione in base alla quale ciò che è appena stato viene percepito ancora presente (ritenzione), mentre ciò che sta per avvenire è già atteso (protensione).
Il presente attuale è collegato da una catena di ritenzioni a ciò che è trascorso e il cui presente attuale, quindi, è esistito un tempo.
Questa catena di ritenzioni che si mantiene come presente "sprofondato" rende possibile rintracciare nel ricordo elementi del passato e attualizzarli.
Fenomelogia-2
Un'ulteriore, importante
produzione della coscienza che ha funzione costitutiva accanto allo
spazio e alla causalità è l'intersoggettività.
Il problema del modo in cui l'io, concentrato sulle proprie esperienze, giunge all'acquisizione di un io estraneo è importante perché porta a chiarire l'interrogativo di come si possa produrre oggettività, valida, in quanto tale, per una molteplicità di soggetti.
La coscienza dell'esistenza di un altro io si ricava dall'esperienza del proprio corpo.
In base a essa io percepisco che il modo di manifestarsi di determinati organismi si può spiegare solo in quanto in essi si manifesta il corpo di un altro io.
Io vivo quindi in un mondo che divido con altri soggetti e di cui acquisisco esperienza insieme a essi.
Il mondo è, pertanto, per ognuno e quindi intersoggettivo. Nella sua opera tarda
La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, 1936,
Husserl dà un nuovo sviluppo al suo pensiero, che ruota intorno al concetto del mondo della vita.
Esso è la totalità dell'orizzonte possibile d'esperienza, all'intemo del quale un io che percepisce ed esperisce è volto all'oggettività.
La storia della cultura si rivela, secondo Husserl, come una serie di fondazioni originarie, nelle quali la coscienza di una comunità culturale si eleva a una nuova oggettività.
La fondazione per noi più gravida di conseguenze è costituita dalle moderne scienze naturali matematizzate a partire da Galilei e l'atteggiamento oggettivistico che da loro deriva.
Con esse il mondo degli oggetti matematici astratti viene dichiarato
come l' unico mondo reale.
Non avendo però questo mondo alcun rapporto con il mondo della vita soggettivamente evidente, le scienze perdono la loro rilevanza per l'esistenza e conducono alla crisi del significato dell'epoca moderna.
A questo proposito si è dimenticato che le scienze oggettive sono a loro volta creazioni soggettive che derivano da una esperienza del mondo della vita e scaturiscono, quindi, da una produzione costitutiva del soggetto.
La geometria, per esempio, è nata dall'idealizzazione di un mondo percettivo chiaramente dato.
Perciò la scienza oggettiva trae origine e significato dal mondo della vita, al quale appartiene.
La soluzione alla crisi di significato può quindi essere fornita solo dalla fenomenologia che mette in evidenza come il mondo della vita si costruisca dalle produzioni della soggettività trascendentale.
La fenomenologia trovò largo seguito soprattutto in Francia.
MAURICE MERLEAU-PONTY (1908- 1961) si pone lo scopo di dare una nuova definizione al rapporto fra natura e coscienza nell'uomo.
Egli critica la prospettiva naturalistica che spiega i fenomeni umani dall'esterno e causalmente, ma anche l'impostazione criticistica che vuole comprendere ogni cosa dall'interno attraverso la pura coscienza.
Merleau-Ponty indica, invece, una terza dimensione che riveli la relazione attiva fra natura e coscienza.
Nell'opera La struttura del comportamento,
egli sostiene che il comportamento non può essere considerato né semplice insieme di meccanismi corporei, né pura attività mentale.
L'ambito di mezzo può essere descritto, piuttosto, tramite i concetti di struttura e forma che organizzano la realtà in senso esteso.
La Fenomenologia della percezione dimostra come il nostro rapporto con il mondo sia in relazione all'orizzonte infinitamente vasto della percezione, antecedente a ogni oggettivazione scientifica.
La coscienza, quindi, non osserva in modo indifferente ma, al contrario, è sempre coscienza impegnata, perché dipende sempre dal contatto con il mondo.
Anche in questo caso viene posto l'accento sull'insolubile connessione esistente fra coscienza e corpo.
L'esperienza del nostro corpo contiene pertanto un'ambiguità irrisolvibile, in quanto esso non può essere né pura cosa né pura coscienza.
Nei suoi ultimi scritti, pubblicati postumi (Il visibile e l'invisibile), Merleau-Ponty si muove in direzione di una nuova ontologia.
L'ambito sussistente fra soggetto e oggetto viene ora cercato nell'essere stesso.
A tal proposito egli parla, per esempio, di un "corpo del mondo".
L'uomo non è esterno al mondo bensì parte del suo corpo su cui si fondano le strutture, il senso, e il "diventare visibile" di ogni cosa.
L'essere non si mostra, però, all'uomo, nella sua pienezza; esso si sottrae alla trasparenza totale.
Questo limite dell'esperienza viene chiarito dal rapporto fra visibile e invisibile.
L'invisibile non è un "non ancora visto", bensì una segretezza di principio, che è fondata nel vedere stesso.
Un oggetto è dato in base a ciò che di esso non viene visto (un oggetto visto contemporaneamente da tutte le prospettive sarebbe cosa impossibile); parte di un quadro è anche quanto il pittore ha tralasciato; una frase diviene comprensibile sulla base di quel che è già stato detto di quel che viene taciuto.
Questo essere infinito dietro di noi viene definio da Merleau-Ponty l'essere rozzo o selvaggio che si sottrae a ogni intervento ordinatore.
Il problema del modo in cui l'io, concentrato sulle proprie esperienze, giunge all'acquisizione di un io estraneo è importante perché porta a chiarire l'interrogativo di come si possa produrre oggettività, valida, in quanto tale, per una molteplicità di soggetti.
La coscienza dell'esistenza di un altro io si ricava dall'esperienza del proprio corpo.
In base a essa io percepisco che il modo di manifestarsi di determinati organismi si può spiegare solo in quanto in essi si manifesta il corpo di un altro io.
Io vivo quindi in un mondo che divido con altri soggetti e di cui acquisisco esperienza insieme a essi.
Il mondo è, pertanto, per ognuno e quindi intersoggettivo. Nella sua opera tarda
La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, 1936,
Husserl dà un nuovo sviluppo al suo pensiero, che ruota intorno al concetto del mondo della vita.
Esso è la totalità dell'orizzonte possibile d'esperienza, all'intemo del quale un io che percepisce ed esperisce è volto all'oggettività.
La storia della cultura si rivela, secondo Husserl, come una serie di fondazioni originarie, nelle quali la coscienza di una comunità culturale si eleva a una nuova oggettività.
La fondazione per noi più gravida di conseguenze è costituita dalle moderne scienze naturali matematizzate a partire da Galilei e l'atteggiamento oggettivistico che da loro deriva.
Con esse il mondo degli oggetti matematici astratti viene dichiarato
come l' unico mondo reale.
Non avendo però questo mondo alcun rapporto con il mondo della vita soggettivamente evidente, le scienze perdono la loro rilevanza per l'esistenza e conducono alla crisi del significato dell'epoca moderna.
A questo proposito si è dimenticato che le scienze oggettive sono a loro volta creazioni soggettive che derivano da una esperienza del mondo della vita e scaturiscono, quindi, da una produzione costitutiva del soggetto.
La geometria, per esempio, è nata dall'idealizzazione di un mondo percettivo chiaramente dato.
Perciò la scienza oggettiva trae origine e significato dal mondo della vita, al quale appartiene.
La soluzione alla crisi di significato può quindi essere fornita solo dalla fenomenologia che mette in evidenza come il mondo della vita si costruisca dalle produzioni della soggettività trascendentale.
La fenomenologia trovò largo seguito soprattutto in Francia.
MAURICE MERLEAU-PONTY (1908- 1961) si pone lo scopo di dare una nuova definizione al rapporto fra natura e coscienza nell'uomo.
Egli critica la prospettiva naturalistica che spiega i fenomeni umani dall'esterno e causalmente, ma anche l'impostazione criticistica che vuole comprendere ogni cosa dall'interno attraverso la pura coscienza.
Merleau-Ponty indica, invece, una terza dimensione che riveli la relazione attiva fra natura e coscienza.
Nell'opera La struttura del comportamento,
egli sostiene che il comportamento non può essere considerato né semplice insieme di meccanismi corporei, né pura attività mentale.
L'ambito di mezzo può essere descritto, piuttosto, tramite i concetti di struttura e forma che organizzano la realtà in senso esteso.
La Fenomenologia della percezione dimostra come il nostro rapporto con il mondo sia in relazione all'orizzonte infinitamente vasto della percezione, antecedente a ogni oggettivazione scientifica.
La coscienza, quindi, non osserva in modo indifferente ma, al contrario, è sempre coscienza impegnata, perché dipende sempre dal contatto con il mondo.
Anche in questo caso viene posto l'accento sull'insolubile connessione esistente fra coscienza e corpo.
L'esperienza del nostro corpo contiene pertanto un'ambiguità irrisolvibile, in quanto esso non può essere né pura cosa né pura coscienza.
Nei suoi ultimi scritti, pubblicati postumi (Il visibile e l'invisibile), Merleau-Ponty si muove in direzione di una nuova ontologia.
L'ambito sussistente fra soggetto e oggetto viene ora cercato nell'essere stesso.
A tal proposito egli parla, per esempio, di un "corpo del mondo".
L'uomo non è esterno al mondo bensì parte del suo corpo su cui si fondano le strutture, il senso, e il "diventare visibile" di ogni cosa.
L'essere non si mostra, però, all'uomo, nella sua pienezza; esso si sottrae alla trasparenza totale.
Questo limite dell'esperienza viene chiarito dal rapporto fra visibile e invisibile.
L'invisibile non è un "non ancora visto", bensì una segretezza di principio, che è fondata nel vedere stesso.
Un oggetto è dato in base a ciò che di esso non viene visto (un oggetto visto contemporaneamente da tutte le prospettive sarebbe cosa impossibile); parte di un quadro è anche quanto il pittore ha tralasciato; una frase diviene comprensibile sulla base di quel che è già stato detto di quel che viene taciuto.
Questo essere infinito dietro di noi viene definio da Merleau-Ponty l'essere rozzo o selvaggio che si sottrae a ogni intervento ordinatore.
Fenomelogia-3
MAX SCHELER (1874-1928)
amplia il campo della fenomenologia applicandola agli ambiti
dell'etica, della filosofia della cultura e della filosofia
della religione.
Il significato che egli attribuisce alla fenomenologia è evidenziato dalle seguenti parole:
«Innanzitutto la fenomenologia è... la denominazione
di un orientamento della visione
spirituale in cui si viene ad avere qualcosa da
cogliere o da vivere, qualcosa che altrimenti
rimarrebbe nascosto: un mondo di "realtà" di
natura particolare... Ciò che è vissuto e intuito
è "dato" nell'atto medesimo che vive e che
intuisce, mentre esso si compie; si manifesta
in esso e soltanto in esso».
Nell'opera formalismo nell'elica e l'etica materiale dei valori, Scheler critica l'etica formale di Kant e sviluppa polemicamente la sua teoria dei valori.
È sua convinzione che
«questo colosso di bronzo e acciaio
(la legge morale di Kant) blocchi la filosofia nel suo
percorso verso una dottrina... concreta e assennata
dei valori morali, del loro ordine gerarchico
e delle norme che si fondano su
quella gerarchia; e con ciò, al tempo stesso,
di ogni costruzione dei valori morali all'interno
della vita degli uomini fondati sulla vera
comprensione».
I valori sono dati all'uomo negli atti del sentire a priori e idealmente; non sussistono all'interno di una "sfera dei valori" esistente di per sé, ma sono legati alla persona quale centro dell'atto e tuttavia come un emozionale apriori che le è essenziale.
Scheler respinge il formalismo kantiano poiché, a suo parere, i valori sono determinati contenutisticamente e legati alla persona; al tempo stesso, però, egli si sottrae al relativismo sostenendo un ordinamento aprioristico dei valori che sono collocati in un ordine gerarchico sovrastorico.
A ogni grado di valore corrisponde un particolare atto del sentire, un tipo di persona e una struttura della comunità; la precedenza viene data ai valori più alti.
I valori sono rappresentati nelle cose o nei beni, ma sono indipendenti da essi per quel che riguarda la loro qualità.
Sotto questo aspetto sono paragonabili ai colori, che si presentano come attributi di determinati oggetti, ma per quel che riguarda la loro qualità sono indipendenti da essi.
Scheler individua l'essenza dell'uomo nell'amore, non nel pensiero o nella volontà.
L'uomo è un ens amans.
Ogni forma di conoscenza, ogni strutturazione di valori si basa sulla capacità di partecipazione all'essere che è fondata sull'amore.
L'ordine gerarchico dei valori e le azioni che acquistano valore costituiscono l'ordo amoris di un uomo.
Essenziale, per il pensiero di Scheler, è il concetto di persona, che egli intende come unità concreta di diversi atti (sentire, pensare, volere, amare).
«Persona è un'unità essenziale, concreta, di atti essenzialmente diversi e il fondamento di questi atti.»
Diverso dalla persona è l'io, che è determinato dalle sue funzioni psicofisiche (p. es. le funzioni sensoriali).
La persona è unica e si sottrae a ogni oggettivazione; acquisisce esperienza di se stessa solo nella realizzazione dei suoi atti e di altre persone nella co-, pre-, e post- realizzazione dei loro atti.
Scheler parla anche di persone collettive (nazione e chiesa) alle quali attribuisce una coscienza propria che si basa sulla connessione di atti comuni.
La persona divina occupa una posizione particolare a cui la persona umana aspira.
L'idea di Dio è il valore sommo e l'amore divino è la forma di amore più elevata.
Scheler sostituisce a un'idea di Dio innanzitutto cristiana la concezione di una divinità futura.
Nei suoi ultimi anni, Scheler si dedicò in particolar modo al progetto di una antropologia filosofica.
Nell'opera La posizione dell'uomo nel cosmo, egli sviluppa una struttura graduale della sfera psichica.
Il primo livello è costituto dall'impulso emotivo proprio di ogni forma vivente, dalle piante all'uomo.
Seguono l'istinto, la memoria associativa, l'intelligenza pratica (possibilità di scelta, capacità di anticipazione) e, infine, esclusivamente nell'uomo, lo spirito.
Tramite esso l'uomo è liberato dalla limitazione data dalla sfera organica.
Al tempo stesso lo spirito entra in conflitto con il principio di tutto quanto è dotato di vita, con l'impulso.
Su questo impulso si fonda tutta l'esperienza della realtà, in base all'esperienza del contrasto, che contrappone il reale all'impulso.
L'essere di cui si acquisisce esperienza in questo contrasto viene definito da Scheler esistenza.
Lo spirito, al contrario, rende possibile l'esperienza dell'essenza.
La dualità di spirito e impulso è decisiva per lo sviluppo della cultura e della società attraverso un'azione concomitante di fattori ideali e fattori reali.
Lo spirito non ha, in sé, alcuna forza per trasporre nella realtà la sua conoscenza dell'essenza.
Le sue idee acquistano efficacia solo laddove esse si uniscono con i fattori reali (istinti, p. es. autoconservazione, interessi, tendenze sociali).
Il significato che egli attribuisce alla fenomenologia è evidenziato dalle seguenti parole:
«Innanzitutto la fenomenologia è... la denominazione
di un orientamento della visione
spirituale in cui si viene ad avere qualcosa da
cogliere o da vivere, qualcosa che altrimenti
rimarrebbe nascosto: un mondo di "realtà" di
natura particolare... Ciò che è vissuto e intuito
è "dato" nell'atto medesimo che vive e che
intuisce, mentre esso si compie; si manifesta
in esso e soltanto in esso».
Nell'opera formalismo nell'elica e l'etica materiale dei valori, Scheler critica l'etica formale di Kant e sviluppa polemicamente la sua teoria dei valori.
È sua convinzione che
«questo colosso di bronzo e acciaio
(la legge morale di Kant) blocchi la filosofia nel suo
percorso verso una dottrina... concreta e assennata
dei valori morali, del loro ordine gerarchico
e delle norme che si fondano su
quella gerarchia; e con ciò, al tempo stesso,
di ogni costruzione dei valori morali all'interno
della vita degli uomini fondati sulla vera
comprensione».
I valori sono dati all'uomo negli atti del sentire a priori e idealmente; non sussistono all'interno di una "sfera dei valori" esistente di per sé, ma sono legati alla persona quale centro dell'atto e tuttavia come un emozionale apriori che le è essenziale.
Scheler respinge il formalismo kantiano poiché, a suo parere, i valori sono determinati contenutisticamente e legati alla persona; al tempo stesso, però, egli si sottrae al relativismo sostenendo un ordinamento aprioristico dei valori che sono collocati in un ordine gerarchico sovrastorico.
A ogni grado di valore corrisponde un particolare atto del sentire, un tipo di persona e una struttura della comunità; la precedenza viene data ai valori più alti.
I valori sono rappresentati nelle cose o nei beni, ma sono indipendenti da essi per quel che riguarda la loro qualità.
Sotto questo aspetto sono paragonabili ai colori, che si presentano come attributi di determinati oggetti, ma per quel che riguarda la loro qualità sono indipendenti da essi.
Scheler individua l'essenza dell'uomo nell'amore, non nel pensiero o nella volontà.
L'uomo è un ens amans.
Ogni forma di conoscenza, ogni strutturazione di valori si basa sulla capacità di partecipazione all'essere che è fondata sull'amore.
L'ordine gerarchico dei valori e le azioni che acquistano valore costituiscono l'ordo amoris di un uomo.
Essenziale, per il pensiero di Scheler, è il concetto di persona, che egli intende come unità concreta di diversi atti (sentire, pensare, volere, amare).
«Persona è un'unità essenziale, concreta, di atti essenzialmente diversi e il fondamento di questi atti.»
Diverso dalla persona è l'io, che è determinato dalle sue funzioni psicofisiche (p. es. le funzioni sensoriali).
La persona è unica e si sottrae a ogni oggettivazione; acquisisce esperienza di se stessa solo nella realizzazione dei suoi atti e di altre persone nella co-, pre-, e post- realizzazione dei loro atti.
Scheler parla anche di persone collettive (nazione e chiesa) alle quali attribuisce una coscienza propria che si basa sulla connessione di atti comuni.
La persona divina occupa una posizione particolare a cui la persona umana aspira.
L'idea di Dio è il valore sommo e l'amore divino è la forma di amore più elevata.
Scheler sostituisce a un'idea di Dio innanzitutto cristiana la concezione di una divinità futura.
Nei suoi ultimi anni, Scheler si dedicò in particolar modo al progetto di una antropologia filosofica.
Nell'opera La posizione dell'uomo nel cosmo, egli sviluppa una struttura graduale della sfera psichica.
Il primo livello è costituto dall'impulso emotivo proprio di ogni forma vivente, dalle piante all'uomo.
Seguono l'istinto, la memoria associativa, l'intelligenza pratica (possibilità di scelta, capacità di anticipazione) e, infine, esclusivamente nell'uomo, lo spirito.
Tramite esso l'uomo è liberato dalla limitazione data dalla sfera organica.
Al tempo stesso lo spirito entra in conflitto con il principio di tutto quanto è dotato di vita, con l'impulso.
Su questo impulso si fonda tutta l'esperienza della realtà, in base all'esperienza del contrasto, che contrappone il reale all'impulso.
L'essere di cui si acquisisce esperienza in questo contrasto viene definito da Scheler esistenza.
Lo spirito, al contrario, rende possibile l'esperienza dell'essenza.
La dualità di spirito e impulso è decisiva per lo sviluppo della cultura e della società attraverso un'azione concomitante di fattori ideali e fattori reali.
Lo spirito non ha, in sé, alcuna forza per trasporre nella realtà la sua conoscenza dell'essenza.
Le sue idee acquistano efficacia solo laddove esse si uniscono con i fattori reali (istinti, p. es. autoconservazione, interessi, tendenze sociali).