"Diritti Umani e Società Civile"
L'Europa ed altre Organizzazioni Regionali
Su scala "regionale", il Consiglio d'Europa aveva già adottato nel 1950 una Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani (entrata in vigore nel '53), che impegnava tra l'altro gli stati aderenti a riconoscere la giurisdizione della Corte europea dei diritti umani, cui possono rivolgersi anche cittadini privati e organizzazioni non governative. Ancora per iniziativa del Consiglio d'Europa, era entrata in vigore nel 1965 la Carta sociale europea che riconosce i seguenti diritti fondamentali:- diritto al lavoro;
- diritto ad eque condizioni di lavoro;
- diritto alla sicurezza e all'igiene del lavoro;
- diritto a un'equa retribuzione;
- diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro di costituire organizzazioni sindacali locali, nazionali e internazionali e di aderirvi;
- diritto dei fanciulli e degli adolescenti alla protezione;
- diritto delle lavoratrici alla protezione;
- diritto all'orientamento professionale;
- diritto alla formazione professionale;
- diritto alla protezione della salute;
- diritto alla sicurezza sociale;
- diritto all'assistenza sociale e medica;
- diritto a beneficiare dei servizi sociali;
- diritto delle persone fisicamente o mentalmente minorate alla formazione professionale e riadattamento sociale;
- diritto della famiglia a una posizione sociale e economica;
- diritto della madre e de1 fanciullo ad una protezione sociale ed economica;
Sul modello europeo, l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) dava vita alle Convenzioni interamericane sui diritti umani (1969-78). Nel 1981, sulla base di principi parzialmente divergenti dalla DUDU, l’OUA (Organizzazione per l’Unità Africana) emanava una Carta africana dei diritti umani e dei popoli che, ad oggi, è il documento più inclusivo esistente a livello internazionale. Nel 1975 i paesi dell’OSCE partecipanti alla Conferenza di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa hanno riconosciuto la necessità di tutelare i diritti umani per sviluppare rapporti internazionali pacifici, giusti ed economicamente produttivi (principio VII).
Diritti civili
I diritti civili sono i diritti umani di prima generazione, quelli che storicamente si sono affermati per primi e che sanciscono le libertà individuali, le cosidette “libertà di”. Gli esseri umani, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite (O.N.U), hanno due tipi di bisogni basilari: i bisogni fisici (cibo, acqua, vestiti, salute, riparo…) e i bisogni psicologici (dignità, rispetto, creatività, espressione di sé, lavoro, amicizia, partecipazione, apprendimento, amore, svago, autonomia). Questi sono detti bisogni fondamentali poiché, mancando, vanno a danneggiare profondamente la vita di una persona. Proprio da tali bisogni indispensabili si sono sviluppati storicamente i diritti che ne sanciscono il riconoscimento ufficiale e universale. I diritti umani, infatti, sono l’elemento essenziale che consente ad ogni individuo di vivere degnamente in quanto persona. Solo attraverso il rispetto di essi si possono ottenere la libertà, la giustizia, la pace, permettendo all’individuo e alla comunità di svilupparsi integralmente.
I diritti umani sono naturali perché sono comuni a tutti gli individui sin dalla nascita e non devono essere acquistati né ricevuti o ceduti come concessione o eredità. Essi, inoltre, sono universali perché identici per tutti gli individui, senza distinzione di sesso, etnia, cultura, religione, opinione politica, origine nazionale e sociale. Tutte le persone nascono libere ed uguali in dignità e diritti. I diritti umani sono indivisibili in quanto sono da intendersi come non separabili; infatti la libertà, la sicurezza e la giustizia sono garantite solo se vengono tutelati tutti i diritti (civili, economici, sociali, culturali). La violazione di uno solo di essi costituisce una minaccia nei confronti di tutti gli altri. Infine, sono inalienabili: nessuno può sottrarre i diritti umani ad un’altra persona perchè gli individui li conservano per tutta la vita anche nel caso in cui le leggi positive degli stati dovessero eliminarli o limitarli.
I diritti umani sono oggi garantiti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata il 10 dicembre del 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Essa riguarda tutte le persone del mondo, senza alcuna distinzione e sancisce l’esistenza di diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere in vita. La lungimiranza politica e l’universalità della Dichiarazione sono figlie della seconda guerra mondiale e delle sue tragedie: la morte di 55 milioni di persone (metà dei quali civili), le persecuzioni politiche, il genocidio degli ebrei e degli zingari e l’inizio dell’era nucleare. Si afferma pertanto la convinzione che non può esserci un futuro di pace senza il rispetto dei diritti umani. Proprio per prevenire ulteriori drammatici conflitti si decide di scrivere un documento che indichi in modo chiaro e semplice quali sono i diritti inalienabili degli individui. Nasce così la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che, con i suoi 30 articoli, costituisce la base comune per una convivenza libera e pacifica.
I diritti umani sono naturali perché sono comuni a tutti gli individui sin dalla nascita e non devono essere acquistati né ricevuti o ceduti come concessione o eredità. Essi, inoltre, sono universali perché identici per tutti gli individui, senza distinzione di sesso, etnia, cultura, religione, opinione politica, origine nazionale e sociale. Tutte le persone nascono libere ed uguali in dignità e diritti. I diritti umani sono indivisibili in quanto sono da intendersi come non separabili; infatti la libertà, la sicurezza e la giustizia sono garantite solo se vengono tutelati tutti i diritti (civili, economici, sociali, culturali). La violazione di uno solo di essi costituisce una minaccia nei confronti di tutti gli altri. Infine, sono inalienabili: nessuno può sottrarre i diritti umani ad un’altra persona perchè gli individui li conservano per tutta la vita anche nel caso in cui le leggi positive degli stati dovessero eliminarli o limitarli.
I diritti umani sono oggi garantiti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata il 10 dicembre del 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Essa riguarda tutte le persone del mondo, senza alcuna distinzione e sancisce l’esistenza di diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere in vita. La lungimiranza politica e l’universalità della Dichiarazione sono figlie della seconda guerra mondiale e delle sue tragedie: la morte di 55 milioni di persone (metà dei quali civili), le persecuzioni politiche, il genocidio degli ebrei e degli zingari e l’inizio dell’era nucleare. Si afferma pertanto la convinzione che non può esserci un futuro di pace senza il rispetto dei diritti umani. Proprio per prevenire ulteriori drammatici conflitti si decide di scrivere un documento che indichi in modo chiaro e semplice quali sono i diritti inalienabili degli individui. Nasce così la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che, con i suoi 30 articoli, costituisce la base comune per una convivenza libera e pacifica.
Le generazioni dei diritti umani e i diritti civili
I diritti umani possono essere divisi in gruppi, detti generazioni, ognuna della quali è caratterizzata da uno specifico percorso storico.
I diritti di prima generazione sono quelli civili e politici; essi sono sanciti oggi dalle Dichiarazioni delle Nazioni Unite e dalle costituzioni di molte democrazie. I diritti civili stabiscono le libertà individuali di cui deve godere ogni singola persona (uomo, donna, bambino): diritto alla vita, alla libertà di pensiero e d’espressione, alla cittadinaza, a non essere tenuto in schiavitù, a non essere sottoposto a nessuna forma di tortura, alla sicurezza personale, a ricevere un giusto processo davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, a cercare asilo in altri paesi, a formare liberamente una famiglia (libertà di matrimonio), alla proprietà, alla libertà di coscienza, a riunirsi pacificamente, a partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
Essi sanciscono le cosiddette "libertà di" e sono anche detti diritti negativi perché limitano e regolano l’intervento dello stato e del potere politico nella sfera della libertà personale. I diritti civili sono i primi diritti umani che si affermano nella storia e sono figli soprattutto delle grandi rivoluzioni liberali dell’età moderna.
I diritti di seconda generazione sono quelli economici, sociali e culturali. Essi sono sanciti a livello internazionale dall’Onu e stabiliscono che ogni persona ha diritto: alla sicurezza sociale, al lavoro a un’eguale retribuzione per un eguale lavoro, a fondare sindacati o ad aderirvi, al riposo, a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere, alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità e vecchiaia, all’istruzione, alla protezione della maternità e dell’infanzia.
Essi sono detti positivi perché la loro realizzazione concreta implica l’intervento delle istituzioni pubbliche. Essi sono la seconda tipologia di diritti umani ad affermarsi nella storia e sono figli del movimento soprattutto del moviemento socialista internazionale e delle lotte operaie e sindacali del XIX e XX secolo.
I diritti di terza generazione sono quelli di solidarietà e affermano il diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, alla salute, a vivere in un ambiente non inquinato.
Tali generazioni di diritti umani hanno trovato attuazione nel XX secolo e sono stati proclamati e sanciti con forza dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo del 1948. In essa ai diritti civili, ai diritti di libertà personale, sono dedicati gli articoli 3, 9, 10, 12, 13, 16, 18, 19, 20. Essa però non è legalmente vincolante per gli stati. Per tale ragione, nel 1966, sono stati stipulati i Patti internazionali sui diritti civili e politici e su quelli economici, sociali e culturali che obbligano almeno formalmente gli stati a rispettare i principi e le indicazioni contenuti nella Dichiarazione. Nonostante ciò, i governi di molti paesi continuano a violare i diritti umani senza incorrere nelle sanzioni previste dalle Nazioni Unite.
I diritti di prima generazione sono quelli civili e politici; essi sono sanciti oggi dalle Dichiarazioni delle Nazioni Unite e dalle costituzioni di molte democrazie. I diritti civili stabiscono le libertà individuali di cui deve godere ogni singola persona (uomo, donna, bambino): diritto alla vita, alla libertà di pensiero e d’espressione, alla cittadinaza, a non essere tenuto in schiavitù, a non essere sottoposto a nessuna forma di tortura, alla sicurezza personale, a ricevere un giusto processo davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, a cercare asilo in altri paesi, a formare liberamente una famiglia (libertà di matrimonio), alla proprietà, alla libertà di coscienza, a riunirsi pacificamente, a partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
Essi sanciscono le cosiddette "libertà di" e sono anche detti diritti negativi perché limitano e regolano l’intervento dello stato e del potere politico nella sfera della libertà personale. I diritti civili sono i primi diritti umani che si affermano nella storia e sono figli soprattutto delle grandi rivoluzioni liberali dell’età moderna.
I diritti di seconda generazione sono quelli economici, sociali e culturali. Essi sono sanciti a livello internazionale dall’Onu e stabiliscono che ogni persona ha diritto: alla sicurezza sociale, al lavoro a un’eguale retribuzione per un eguale lavoro, a fondare sindacati o ad aderirvi, al riposo, a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere, alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità e vecchiaia, all’istruzione, alla protezione della maternità e dell’infanzia.
Essi sono detti positivi perché la loro realizzazione concreta implica l’intervento delle istituzioni pubbliche. Essi sono la seconda tipologia di diritti umani ad affermarsi nella storia e sono figli del movimento soprattutto del moviemento socialista internazionale e delle lotte operaie e sindacali del XIX e XX secolo.
I diritti di terza generazione sono quelli di solidarietà e affermano il diritto all’autodeterminazione dei popoli, alla pace, allo sviluppo, alla salute, a vivere in un ambiente non inquinato.
Tali generazioni di diritti umani hanno trovato attuazione nel XX secolo e sono stati proclamati e sanciti con forza dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo del 1948. In essa ai diritti civili, ai diritti di libertà personale, sono dedicati gli articoli 3, 9, 10, 12, 13, 16, 18, 19, 20. Essa però non è legalmente vincolante per gli stati. Per tale ragione, nel 1966, sono stati stipulati i Patti internazionali sui diritti civili e politici e su quelli economici, sociali e culturali che obbligano almeno formalmente gli stati a rispettare i principi e le indicazioni contenuti nella Dichiarazione. Nonostante ciò, i governi di molti paesi continuano a violare i diritti umani senza incorrere nelle sanzioni previste dalle Nazioni Unite.
Diritti economici, sociali e culturali
La piena realizzazione dei diritti civili e politici senza il godimento dei diritti economici, sociali e culturali è impossibile. Il conseguimento di un duraturo progresso nell'implementazione dei diritti umani dipende da sane ed efficaci politiche, nazionali e internazionali, di sviluppo economico e sociale” - afferma una Risoluzione dell'Onu del 1977. I due Patti internazionali emanati dalle Nazioni Unite nel 1966, rispettivamente sui Diritti civili e politici e sui Diritti economici, sociali e culturali, “obbligano” gli Stati che li abbiano ratificati a garantirne la loro piena attuazione. Ma solo se i Governi e le Organizzazioni non governative riusciranno a mettere in campo pressioni efficaci e risorse effettive soprattutto nei confronti di quegli Stati più irrispettosi e vulnerabili, si potrà ottenere una migliore realizzazione di questi diritti fondamentali.
LA SOCIETÀ CIVILE
La società civile è un'aggregazione di cittadini riferita alla loro convivenza in uno Stato. L'aggettivo "civile", contrapposto a barbaro, sottintende il raggiungimento di un alto grado di civiltà materiale o spirituale. Il termine "civile" deriva dal latino civilis, derivato di civis (cittadino).
Tutte le organizzazioni che lavorano assiduamente in favore di un cambiamento politico e sociale possono essere considerate parti influenti della società civile. Il ruolo specifico di questi organismi, nelle democrazie moderne, è connesso con il diritto fondamentale dei cittadini di formare associazioni per perseguire finalità comuni, dimostrandosi le principali strutture della società al di fuori degli organi governativi e della pubblica amministrazione. Dunque, con il termine di società civile, si designa l’insieme di organizzazioni e associazioni che non fanno parte del mondo governativo, ma rappresentano il mondo del lavoro, i gruppi che condividono un medesimo interesse o determinati settori della società. Le persone si organizzano per vari scopi, per cui possono costituire organizzazioni ambientali o per la difesa dei diritti dell’uomo, come possono essere società civile i club e altre forme di associazionismo con fini di svago.
Tutte le organizzazioni che lavorano assiduamente in favore di un cambiamento politico e sociale possono essere considerate parti influenti della società civile. Il ruolo specifico di questi organismi, nelle democrazie moderne, è connesso con il diritto fondamentale dei cittadini di formare associazioni per perseguire finalità comuni, dimostrandosi le principali strutture della società al di fuori degli organi governativi e della pubblica amministrazione. Dunque, con il termine di società civile, si designa l’insieme di organizzazioni e associazioni che non fanno parte del mondo governativo, ma rappresentano il mondo del lavoro, i gruppi che condividono un medesimo interesse o determinati settori della società. Le persone si organizzano per vari scopi, per cui possono costituire organizzazioni ambientali o per la difesa dei diritti dell’uomo, come possono essere società civile i club e altre forme di associazionismo con fini di svago.
Cosa è la Società Civile?
la Società Civile, nella sua autonomia dalla politica, fa politica?
Dobbiamo considerare il ruolo svolto dalla Società Civile un ruolo "politico" o "anti-politico"?
In teoria la Società Civile non è per sua definizione né anti-politica, né anti-istituzionale. Questo dipende dalle contingenze storiche e dalla sensibilità dei paesi in cui consideriamo l’esperienza. Oggi, si parla molto di anti-politica, come rifiuto di un certo tipo deludente, corrotto, autoreferenziale di gestione della cosa pubblica, ma non è sempre stato così, basti pensare, per quanto riguarda il caso italiano, a cosa avvenne nel ’91-’93 in seguito al terremoto "Mani pulite", quando la Società Civile italiana entrò massicciamente nella vita politica del paese in un tentativo (per certi versi poi fallito) di rinnovamento e risanamento.
Possiamo parlare, pertanto, di Società Civile come "rifugio" dei singoli cittadini e loro aggregazioni, per il perseguimento di obiettivi di pubblica utilità lontano dalla vita politica, parallelamente ad essa o addirittura dentro la vita politica ed istituzionale.
Con la considerevole eccezione del referendum sul nucleare, alcuni nuovi approcci allo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico, fanno fatica a diffondersi.
Bisognerà aspettare gli anni duemila affinché trovino un atteggiamento di relativa fiducia nell’opinione pubblica.
Ad esempio, quando la Società Civile chiede che il progresso scientifico sia regolato dalle democrazie e non lasciato alle regole del mercato, quello che prima era considerato un atteggiamento retrogrado e di sfiducia verso il progresso assume la dignità di "progresso dal volto umano".
Quando la Società Civile chiede che il progresso tecnologico sia a disposizione di tutti e non solo a vantaggio dei paesi ricchi, nasce la riflessione sul "digital divide".
Quando la Società Civile chiede che il progresso economico sia sostenibile e non distruttivo, non viene più considerata una visione povera ma semplicemente saggia e prudente.
Gli anni duemila sono, in conclusione, gli anni in cui le società civili cercano di dare risposte globali alla sfida della globalizzazione.
In Italia, particolarmente, il fenomeno dell’antipolitica (aumento della sfiducia dei cittadini nelle strutture e persone della politica e conseguente allontanamento da essa) coinvolge la società civile che sempre più spesso si trova ad essere l’unico luogo di elaborazione, o anche solo di ascolto, delle problematiche concrete e reali della cittadinanza.
Dobbiamo considerare il ruolo svolto dalla Società Civile un ruolo "politico" o "anti-politico"?
In teoria la Società Civile non è per sua definizione né anti-politica, né anti-istituzionale. Questo dipende dalle contingenze storiche e dalla sensibilità dei paesi in cui consideriamo l’esperienza. Oggi, si parla molto di anti-politica, come rifiuto di un certo tipo deludente, corrotto, autoreferenziale di gestione della cosa pubblica, ma non è sempre stato così, basti pensare, per quanto riguarda il caso italiano, a cosa avvenne nel ’91-’93 in seguito al terremoto "Mani pulite", quando la Società Civile italiana entrò massicciamente nella vita politica del paese in un tentativo (per certi versi poi fallito) di rinnovamento e risanamento.
Possiamo parlare, pertanto, di Società Civile come "rifugio" dei singoli cittadini e loro aggregazioni, per il perseguimento di obiettivi di pubblica utilità lontano dalla vita politica, parallelamente ad essa o addirittura dentro la vita politica ed istituzionale.
Con la considerevole eccezione del referendum sul nucleare, alcuni nuovi approcci allo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico, fanno fatica a diffondersi.
Bisognerà aspettare gli anni duemila affinché trovino un atteggiamento di relativa fiducia nell’opinione pubblica.
Ad esempio, quando la Società Civile chiede che il progresso scientifico sia regolato dalle democrazie e non lasciato alle regole del mercato, quello che prima era considerato un atteggiamento retrogrado e di sfiducia verso il progresso assume la dignità di "progresso dal volto umano".
Quando la Società Civile chiede che il progresso tecnologico sia a disposizione di tutti e non solo a vantaggio dei paesi ricchi, nasce la riflessione sul "digital divide".
Quando la Società Civile chiede che il progresso economico sia sostenibile e non distruttivo, non viene più considerata una visione povera ma semplicemente saggia e prudente.
Gli anni duemila sono, in conclusione, gli anni in cui le società civili cercano di dare risposte globali alla sfida della globalizzazione.
In Italia, particolarmente, il fenomeno dell’antipolitica (aumento della sfiducia dei cittadini nelle strutture e persone della politica e conseguente allontanamento da essa) coinvolge la società civile che sempre più spesso si trova ad essere l’unico luogo di elaborazione, o anche solo di ascolto, delle problematiche concrete e reali della cittadinanza.
Etica e sistemi di valori
Al di là di tutto però serve una svolta di tipo etico, declinando l’interdipendenza dell’umanità in un nuovo sistema di valori, sempre più necessario per non morire di eccessiva globalizzazione. Oggi più di ieri la logica economica dominante modifica la nostra visione del mondo. Occorre invertire questa tendenza ricominciando a parlare di etica.
Il passaggio dalle norme collettive all’etica individuale la sfida per il futuro è trovare un possibile quadro di valori condiviso in grado di rispondere alle questioni globali di un mondo sempre più interdipendente. Il rapporto tra etica e ambiente, i delicati problemi morali legati all’utilizzo delle nuove tecnologie e infine la ricerca di un nuovo modello economico rappresentano alcuni temi su cui l’umanità dovrà confrontarsi per costruire una convivenza pacifica per tutti.
le grandi civiltà si sono molto differenziate tra di loro costituendo i sistemi di valori che ancora oggi fondano i più importanti modelli di pensiero e i più diffusi modi di vivere. Quei modelli che, con il processo di globalizzazione, si incontrano e si scontrano inevitabilmente, cercando però possibili punti di convergenza.
Grandissime sono le differenze tra gli uomini che ugualmente sono chiamati dalla storia a trovare percorsi comuni.
La politica è ormai chiusa nel suo gioco partitico autoreferenziale, totalmente staccata dalla cittadinanza.
Ed è proprio dalla responsabilizzazione della politica e dalla eliminazione di iniqui privilegi che deve partire la ricostruzione del sistema-Paese.
Serve una politica che sia di sano esempio alla collettività, in grado di ricostruire, di diffondere
una responsabilizzazione sociale e di favorire un condiviso protagonismo cittadino.
Infine, ma forse prima per importanza e urgenza, è la questione del modello economico del futuro. Coniugare etica e economia è ormai diventato una priorità pure per i fautori più accaniti del libero mercato. La deregulation finanziaria finisce per danneggiare lo stesso mercato, ma è l’idea di uno sviluppo infinito ad essere messa in discussione. Diverse campagne sono state promosse dalla società civile organizzata al fine di reindirizzare l’economia e la finanza verso l’equità.
Il passaggio dalle norme collettive all’etica individuale la sfida per il futuro è trovare un possibile quadro di valori condiviso in grado di rispondere alle questioni globali di un mondo sempre più interdipendente. Il rapporto tra etica e ambiente, i delicati problemi morali legati all’utilizzo delle nuove tecnologie e infine la ricerca di un nuovo modello economico rappresentano alcuni temi su cui l’umanità dovrà confrontarsi per costruire una convivenza pacifica per tutti.
le grandi civiltà si sono molto differenziate tra di loro costituendo i sistemi di valori che ancora oggi fondano i più importanti modelli di pensiero e i più diffusi modi di vivere. Quei modelli che, con il processo di globalizzazione, si incontrano e si scontrano inevitabilmente, cercando però possibili punti di convergenza.
Grandissime sono le differenze tra gli uomini che ugualmente sono chiamati dalla storia a trovare percorsi comuni.
La politica è ormai chiusa nel suo gioco partitico autoreferenziale, totalmente staccata dalla cittadinanza.
Ed è proprio dalla responsabilizzazione della politica e dalla eliminazione di iniqui privilegi che deve partire la ricostruzione del sistema-Paese.
Serve una politica che sia di sano esempio alla collettività, in grado di ricostruire, di diffondere
una responsabilizzazione sociale e di favorire un condiviso protagonismo cittadino.
Infine, ma forse prima per importanza e urgenza, è la questione del modello economico del futuro. Coniugare etica e economia è ormai diventato una priorità pure per i fautori più accaniti del libero mercato. La deregulation finanziaria finisce per danneggiare lo stesso mercato, ma è l’idea di uno sviluppo infinito ad essere messa in discussione. Diverse campagne sono state promosse dalla società civile organizzata al fine di reindirizzare l’economia e la finanza verso l’equità.