Libro: Isaia
I Contenuti
Il libro di Isaia contiene le parole di
diversi profeti. Solo alcuni brani nella prima parte del libro (cc.
1-39) possono essere fatti risalire direttamente a Isaia, il profeta
vissuto in Giuda nell'VIII sec. a.C. A partire dal c. 40 si
incontrano oracoli che furono pronunciati (o scritti) all'epoca
dell'esilio in Babilonia (587-538). Gli ultimi capitoli (cc. 56-66)
sono invece da collocare dopo il ritorno dall'esilio e dopo la
ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Si deve quindi pensare che
alcuni profeti, di cui non conosciamo il nome, richiamandosi
all'opera di Isaia, al suo pensiero, al suo linguaggio e al suo
stile, abbiano prolungato la raccolta dei suoi scritti, aggiungendo
oracoli che rispecchiavano le nuove situazioni storiche del popolo
d'Israele. I contenuti delle prime due parti possono essere così
riassunti:
Oracoli per Giuda e Gerusalemme (cc. 1-12)
Oracoli
contro le nazioni (cc. 13-23)
Giudizio contro la "città del
nulla" e restaurazione d'Israele (cc. 24-27)
Oracoli su Israele e
Giuda (cc. 28-33)
Liberazione di Sion e distruzione di Edom (cc.
34-35)
Liberazione di Gerusalemme dagli eserciti nemici (cc.
36-39).
La seconda parte può invece essere divisa così:
Liberazione d'Israele e caduta di Babilonia (cc. 40-48)
Salvezza
di Sion (cc. 49-55).
È più difficile presentare una divisione per
la terza parte, che sembra composta da oracoli di diversa origine,
senza un forte legame tra loro. Si può indicativamente dividere
così:
Peccato e salvezza (cc. 56-59)
Gloria di Gerusalemme
(cc. 60-62)
Giudizio per i ribelli, salvezza per i servi fedeli
(cc. 63-66).
Le caratteristiche
Nella predicazione
di Isaia, raccolta nei cc. 1-39, ritornano di frequente alcuni
grandi temi: Sion, il monte sul quale sorge il tempio, luogo della
presenza di Dio e segno della sua volontà di salvezza; Giuda e
Gerusalemme, intesi come popolo eletto e amato da Dio, ma che ha
abbandonato la fede e si trova così sotto il giudizio divino. Da
questo processo di giudizio emergerà un "resto" del popolo,
purificato e convertito. Altro tema è la dinastia regale davidica, a
cui il Signore affida il compito di governare con giustizia e
diritto, per far regnare la pace.
Nell'opera del Secondo-Isaia
(cc. 40-55) l'attenzione si sposta sulle "cose nuove" che Dio farà
per il suo popolo. La salvezza d'Israele è quasi una "nuova
creazione"; il dominio universale di Dio è contrapposto alla vanità
degli idoli. Particolare, nel Secondo-Isaia, è anche la figura del
"Servo", la cui sofferenza viene interpretata come salvezza per
Israele e per tutti gli uomini.
La terza parte del libro di Isaia
(cc. 56-66) ha molti temi in comune con la seconda, in particolare
la prospettiva di salvezza universale. Emerge però anche una
maggiore attenzione agli aspetti legati alla pratica del culto, al
tempio, all'osservanza delle legge e in particolare del sabato.
L'origine
Il libro di Isaia è frutto di un complesso
lavoro di composizione, durato diversi secoli. All'origine vi è la
predicazione del profeta omonimo, che operò all'incirca tra il 740 e
il 700. Come per molti profeti, si pensa che gli oracoli da lui
proclamati oralmente siano stati in seguito raccolti dai discepoli.
All'interno dei cc. 1-39, si trovano però anche alcune parti che non
risalgono a Isaia, ma sono state aggiunte più tardi (ad es. i cc.
24-27). L'opera del Secondo-Isaia va collocata nel periodo
immediatamente precedente la conquista di Babilonia, compiuta da
Ciro re di Persia, nel 539. La terza parte può essere stata composta
tra il 530 e il 515 circa. Destinatario delle parole contenute nel
libro di Isaia è stato sempre tutto il popolo d'Israele, in diversi
momenti della sua storia. Nella prima parte si può notare, tuttavia,
una singolare attenzione ai capi del popolo e alla casa reale, che
vengono fortemente esortati a maggior fede. Nella seconda parte, il
profeta si rivolge a un popolo in esilio, sfiduciat to, che dubita
del Signore e della sua capacità di salvare. La terza parte è
diretta a una comunità che affronta i difficili momenti della
ricostruzione civile, politica e religiosa, in Gerusalemme e Giuda.
Il libro di Isaia ha sempre avuto un grande rilievo nella tradizione
cristiana, fin dalle sue più lontane origini. Basti pensare alla
presentazione di Gesù come "Emmanuele, Dio-con-noi", che apre il
vangelo di Matteo (1,23) con richiamo a Is 7,14; alla figura del
Servo sofferente (Is 52,13-53,12) che sta sullo sfondo dei racconti
sulla passione di Gesù (vedi anche At 8,32-35; 1Pt 2,22); alla
predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret, narrata da Luca con
esplicito rimando a Is 61,1-2 (Lc 4,16-30).
Libro: Geremia
I Contenuti
Il libro di Geremia contiene non solo
oracoli del profeta, ma anche racconti autobiografici e ci inserisce
direttamente nelle drammatiche vicende avvenute in Giudea durante
gli ultimi decenni del VII e i primi del VI sec.: predicazione del
profeta che chiama il popolo alla conversione e minaccia, a nome di
Dio, la distruzione del paese; invasione dell'esercito di
Nabucodònosor; Gerusalemme assediata e devastata; distruzione del
tempio; deportazione dei cittadini. Di fronte alla catastrofe del
regno di Giuda, le parole del profeta si fanno poi ricche di
messaggi di consolazione: Dio stringerà con il suo popolo, nel
futuro, un'alleanza nuova (31,31-34). Rispetto ad altri libri,
quello di Geremia offre più numerose informazioni sulla vita del
profeta, permettendo di individuare tre periodi della sua attività:
sotto il re Giosia (640-609 circa); sotto Ioiakìm (609-598 circa);
negli ultimi anni del regno di Giuda, sotto il re Sedecìa (597-587
circa). Il libro può essere suddiviso in questo modo:
Titolo
dell'opera e vocazione di Geremia (1,1-19)
Oracoli al tempo di
Giosia (2,1-6,30)
Oracoli al tempo di Ioiakìm (7,1-20,18)
Oracoli al tempo di Sedecìa (21,1-25,38)
Vicende di Geremia negli
ultimi anni del regno (26,1-45,5)
Oracoli contro le nazioni
(46,1-51,64)
Appendice (52,1-34).
Le caratteristiche
Nei brani in prima persona, Geremia ci apre il suo animo. A
volte emerge in lui il tentativo di resistere alla missione
affidatagli da Dio, che comporta sofferenze e persecuzioni. Ma la
parola di Dio in lui è come un fuoco interiore, che non può
contenere (20,9). La missione di Geremia si può riassumere in tre
coppie di verbi: "sradicare e demolire, distruggere e abbattere,
edificare e piantare" (1,10). I suoi oracoli annunciano il castigo
al popolo peccatore e ribelle, ma dichiarano anche l'intenzione
divina di riprendere in futuro il dialogo e il rapporto d'amore con
la nazione.
L'origine
Una prima fase del libro di
Geremia può risalire all'episodio narrato nel c. 36 quando il
profeta detta, al segretario Baruc, un rotolo contenente le sue
profezie degli ultimi decenni del VII sec. e degli inizi del VI. La
seconda copia di questo rotolo (la prima fu distrutta dal re)
costituisce forse il nucleo più antico del libro che noi leggiamo.
Le sezioni biografiche, nelle quali si raccontano le vicende di
Geremia, sono attribuite in genere all'opera di Baruc. Il libro ebbe
poi rimaneggiamenti e aggiunte, per lo meno fino al II sec. Infatti
l'antica versione greca dei LXX presenta, per il libro di Geremia,
notevoli differenze rispetto al testo ebraico in uso presso le
sinagoghe. Destinatario delle parole di Geremia fu sempre il popolo
d'Israele; a volte, tuttavia, egli si indirizza in particolare ad
alcuni gruppi: la casa reale, i sacerdoti, i (falsi) profeti di
corte. Quelle parole, messe per iscritto, vennero rilette in seguito
e arricchite in alcuni punti con aggiunte d'altra mano.
Libro: Lamentazioni
I Contenuti
Il libro delle Lamentazioni raccoglie
cinque poemi che presentano uno scenario di distruzione, desolazione
e sofferenza. Il terzo poema è individuale (di un individuo che
peraltro si riconosce parte di una comunità), mentre gli altri hanno
carattere collettivo. Si tratta di composizioni alfabetiche: ogni
versetto inizia con una lettera diversa, seguendo l'ordine
dell'alfabeto ebraico (nella terza lamentazione però ogni lettera
sta all'inizio di tre versi consecutivi). Fa eccezione la quinta
lamentazione, che tuttavia ha ventidue versetti, tanti quante le
lettere dell'alfabeto. Ricorrente è la riflessione sulla distruzione
di Gerusalemme e del tempio, vera catastrofe nazionale. La divisione
del libro è semplice:
Prima Lamentazione: nessuno consola
Gerusalemme (1,1-22)
Seconda Lamentazione: il giorno dell'ira
divina (2,1-22)
Terza Lamentazione: meditazione sulla sofferenza
(3,1-66)
Quarta Lamentazione: il peccato del popolo (4,1-22)
Quinta Lamentazione: implorazione a Dio (5,1-22).
Le
caratteristiche
Il tono delle composizioni è liturgico. È
probabile che alcuni di questi poemi fossero recitati in una
celebrazione che commemorava la caduta di Gerusalemme (a questa
celebrazione accenna Zac 7,5). La distruzione di Gerusalemme e la
condizione desolata del popolo vengono ricondotte direttamente
all'agire di Dio. Proprio per questo, però, è possibile la speranza:
colui che ha distrutto, può anche risollevare. In ogni caso, l'agire
di Dio non è arbitrario; nelle Lamentazioni emerge chiara la
consapevolezza che all'origine del male e della sofferenza stanno il
peccato e la colpa d'Israele. Il lamento diventa quindi anche invito
alla conversione e il libro si conclude con una richiesta a Dio
proprio su questo tema: "Facci ritornare a te, Signore, e noi
ritorneremo" (5,21).
L'origine
Secondo una
tradizione che risale almeno al II sec. a.C., le Lamentazioni sono
opera del profeta Geremia. Questa tradizione è alla base di numerose
raffigurazioni artistiche che rappresentano il profeta piangente,
davanti alle rovine di Gerusalemme. I critici e gli studiosi moderni
ritengono, invece, che le Lamentazioni non si possano attribuire a
Geremia, viste le differenze di stile e di pensiero. Si tratta
piuttosto di un'opera anonima, composta nel periodo immediatamente
successivo alla distruzione del 587. I primi lettori di questi brani
vanno cercati tra gli abitanti di Giuda che, dopo la distruzione di
Gerusalemme, non erano stati deportati in Babilonia. Nella
tradizione cristiana, per lunghi secoli, fino alla riforma liturgica
dopo il Concilio Vaticano II, la lettura delle Lamentazioni veniva
proposta, nel rito romano, durante la Settimana Santa, nell'ufficio
notturno del Breviario: il lamento degli Ebrei su Gerusalemme
diventava il lamento dei cristiani per la passione di Gesù.
Libro: Baruc
I Contenuti
Il libro attribuito a Baruc contiene
materiali diversi, sia per genere letterario che per epoca di
composizione. Si può pensare ad un'antologia, composta da queste
parti:
Prologo storico (1,1-15a)
Liturgia penitenziale
(1,15b-3,8)
Inno alla sapienza (3,9-4,4)
Omelia profetica di
consolazione (4,5-5,9)
Lettera di Geremia (6,1-72).
Le
caratteristiche
Il libro di Baruc, pur raccogliendo elementi
diversi, insiste su tre tematiche: il peccato d'Israele riconosciuto
e confessato; l'impegno di conversione; la speranza fiduciosa nella
bontà di Dio. Il peccato è visto come rifiuto di ascoltare la voce
del Signore, disprezzo dei suoi comandamenti, abbandono della
sapienza. Di fronte a questi comportamenti umani, si stagliano la
giustizia, la fedeltà, la bontà e la misericordia di Dio. Il c. 6
(Lettera di Geremia) è uno scritto polemico contro l'idolatria, in
particolare contro la religione babilonese.
L'origine
Nel prologo (1,1-15a), l'opera viene attribuita a Baruc, il
segretario di Geremia. Si tratta di un caso di "pseudepigrafia",
cioè di attribuzione fittizia di uno scritto a un personaggio
famoso. Dato il carattere antologico del libro, può darsi che le
diverse parti siano state redatte in circostanze e momenti diversi.
Per questo è difficile stabilire con precisione la data di
composizione del libro, in particolare dei primi cinque capitoli.
Alcune somiglianze con il libro di Daniele fanno pensare al II sec.
a.C.; nello stesso periodo va forse collocata anche la stesura della
Lettera di Geremia (c. 6). I destinatari di questa raccolta di
scritti sono certamente da ricercare tra gli Ebrei della diaspora,
cioè tra coloro che, anche dopo l'editto di Ciro del 538, non
avevano voluto o potuto ritornare. Vivevano come cittadini leali del
paese in cui si trovavano, ma mantenevano un forte legame con
Gerusalemme e con il tempio. La Lettera di Geremia è un esempio
dell'attività apologetica di questi Ebrei, a difesa della loro fede,
cercando di mostrarne la superiorità rispetto alle religioni pagane.
Il libro, almeno in alcune sue parti (se non tutte), fu scritto
originariamente in ebraico o aramaico; il testo che possediamo,
però, ci è pervenuto nella versione greca dei LXX. Nella nostra
Bibbia, che segue l'uso della Vulgata latina, del libro di Baruc fa
parte anche la Lettera di Geremia (6,1-72), che nei manoscritti
greci antichi invece è riportata altrove. Il libro di Baruc non fa
parte del canone ebraico: è un testo deuterocanonico.
Libro: Ezechiele
I Contenuti
Gli oracoli del libro di Ezechiele si
possono catalogare in tre grandi gruppi: oracoli di giudizio e
condanna per Giuda; oracoli di giudizio e condanna per le nazioni;
oracoli che contengono promesse di salvezza. Il punto di svolta, che
permette di passare dagli oracoli minacciosi di castigo a quelli che
prospettano un intervento salvifico di Dio, è la caduta di
Gerusalemme. Essa segna, da una parte, la fine delle false certezze
in cui gli Ebrei si erano rifugiati, dall'altra, porta con sé il
pericolo che il popolo, vinto e sfiduciato, abbracci gli dèi del
vincitore babilonese. Il profeta spiega allora che la distruzione di
Gerusalemme è avvenuta proprio perché la gloria del Signore l'ha
abbandonata, a causa dei peccati del popolo e dei capi. Dio, però,
rimane fedele alla sua promessa ed è pronto a ricominciare. In
questo contesto di speranza e fiducia si inserisce il c. 34
(riecheggiato da Gv 10) dove Dio si impegna a dare al suo popolo un
nuovo pastore (cioè un nuovo re, contrapposto ai cattivi pastori-re
precedenti, che hanno condotto il popolo alla rovina) e a stabilire
un'alleanza di pace con Israele. L'ultima parte del libro presenta
il tempio rinnovato, centro della vita del popolo fedele al Signore.
La divisione del libro può essere fatta in questo modo:
Visioni
introduttive (1,1-3,27)
Oracoli contro Giuda e Gerusalemme
(4,1-24,27)
Oracoli contro le nazioni (25,1-32,32)
Oracoli di
consolazione e salvezza (33,1-39,29)
Visione del nuovo tempio e
della nuova terra (40,1-48,35).
Le caratteristiche
La prima caratteristica che si evidenzia nella lettura di Ezechiele
è lo spazio dato alle visioni, spesso grandiose e piene di immagini
allusive. In esse compaiono tratti che saranno ripresi in un periodo
successivo dagli scritti di tipo apocalittico. Numerosi e importanti
sono i gesti simbolici, azioni spesso "strane" per il senso comune,
che esprimono efficacemente la parola di Dio e la rendono presente.
Attenzione è data anche ad aspetti legati al culto e alle norme che
regolano le celebrazioni religiose, in specie alla distinzione fra
sacro e profano, puro e impuro. La parte finale del libro propone
una visione del popolo, di Gerusalemme e del tempio dominata dalla
preoccupazione di evitare qualsiasi contaminazione o profanazione
della santità di Dio. Alcuni passi del libro di Ezechiele si
avvicinano ai testi sacerdotali del Pentateuco.
L'origine
Ezechiele era un sacerdote di Gerusalemme. Andò in Babilonia tra
coloro che furono deportati nel 597, dopo la prima conquista della
città di Gerusalemme da parte di Nabucodònosor. Secondo le date
presenti nel testo, la sua attività va collocata tra il 593 e il 571
(1,1; 29,17). Nel libro sono a volte riconoscibili aggiunte e
rielaborazioni, operate presumibilmente da discepoli del profeta.
Destinatari dell'opera di Ezechiele sono stati gli Ebrei in esilio a
Babilonia, cominciando da quelli che vi erano giunti già nel 597,
con la prima deportazione di Nabucodònosor. A costoro, e in qualche
modo anche a quelli che erano rimasti a Gerusalemme, Ezechiele
annuncia l'impossibilità di una rivincita e di un ritorno in patria
in tempi brevi. Egli concorda in questo con Geremia, che si oppone a
una falsa speranza, sfociata nel tentativo di ribellione di Sedecìa,
causa della distruzione di Gerusalemme e di Giuda. Nella seconda
parte del suo ministero, gli interlocutori di Ezechiele sono gli
esuli ormai sfiduciati e in crisi di fede: la distruzione di
Gerusalemme sembrava infatti mettere in discussione la fedeltà e le
promesse di Dio.
Libro: Daniele
I Contenuti
Nella Bibbia ebraica, il libro di Daniele
non è collocato tra i Profeti, ma tra gli Altri Scritti (Ketubìm).
Il testo è redatto ora in ebraico (1,1-2,4a; 8,1-12,13), ora in
aramaico (2,4b-7,28); non si è ancora trovata una spiegazione
pienamente convincente per questa presenza delle due lingue. Nella
prima parte del libro (cc. 1-6), si narrano le vicende di un gruppo
di giovani ebrei, tra cui spicca Daniele, presso la corte babilonese
e persiana. Nella seconda parte (cc. 7-12) si hanno delle visioni
piene di simboli, che appartengono al genere "apocalittico". Nelle
antiche versioni greche dei LXX si trova infine anche una terza
parte, composta da racconti diversi (cc. 13-14). Questa terza parte,
che manca nel testo ebraico usato in sinagoga, appartiene agli
scritti deuterocanonici; così anche la preghiera di Azaria e il
cantico dei tre giovani nella fornace (3,24-90). Il libro può essere
suddiviso così:
Daniele e i giovani ebrei alla corte del re
(1,1-6,29)
Visioni di Daniele (7,1-12,13)
Susanna, Bel e il
drago (13,1-14,42).
Le caratteristiche
Benché si
presenti come scritto in Babilonia, all'epoca babilonese-persiana
(VI-V sec. a.C.), in realtà il libro di Daniele è stato composto al
tempo della persecuzione di Antioco IV Epìfane, rispecchia il clima
di quell'epoca e ne testimonia la fede. Sia con i racconti, sia con
le visioni, il libro di Daniele proclama il dominio assoluto di Dio
nelle vicende storiche del mondo e la sua sollecitudine per coloro
che credono in lui. Deve essere smascherato l'orgoglio del potere
umano, che pretende di porsi come punto di riferimento assoluto; con
questa pretesa, l'autorità politica diventa una potenza di male, si
oppone alla realizzazione dei disegni divini e, in tal modo, provoca
la propria rovina. Nel libro vengono esaltate le virtù del credente:
Daniele è modello di fede, di preghiera, di giustizia, di sapienza;
egli riconosce le proprie doti come doni di Dio. Vi si nota anche
una certa ironia nei confronti dei culti idolatrici.
L'origine
Il nome "Daniele" richiama quello di un personaggio
leggendario, esempio proverbiale di giustizia e di sapienza,
ricordato sia nella Bibbia (Ez 14,14.20; 28,3) sia nei testi di
Ugarit, risalenti al II millennio a.C. Tra le due figure vi è però
solo un'identità di nome (con una leggera variante nella loro grafia
nel testo ebraico). Il libro di Daniele, infatti, nella sua
redazione finale risale al II sec. a.C., al periodo delle
persecuzioni compiute dal re di Siria Antioco IV e delle lotte
maccabaiche. Ne sono destinatari Ebrei di quell'epoca, sottoposti a
persecuzione e, a volte, costretti sotto minaccia di morte a
rinnegare la propria fede. A costoro vengono presentati racconti
esemplari e visioni profetiche, nelle quali la storia passata è
riproposta in chiave simbolica, per aprire l'animo alla speranza.
Sono così invitati a rimanere saldi nella fede, anche di fronte alle
minacce di morte, perché Dio non abbandona i giusti che confidano in
lui.
Libro: Osea
I Contenuti
La predicazione di Osea insiste
sull'infedeltà del popolo, che ha dimenticato e tradito il suo Dio.
Nei primi capitoli del libro questo tema è sviluppato con la
metafora del matrimonio tra Dio e Israele (vedi in particolare
1,2-3,5); ma questa metafora ritorna poi anche in tutti gli altri
oracoli. Sono spesso oracoli di minaccia, che annunciano il castigo
inevitabile per un popolo che non vuole convertirsi. Vi si trovano
tuttavia anche parole di salvezza, che prospettano la possibilità di
un nuovo inizio nelle relazioni fra Dio e Israele (11,8-9).
L'originale e ardita metafora del rapporto nuziale, per descrivere
la relazione fra Dio e il popolo, è forse la parte del libro che ha
avuto maggiore risonanza nella tradizione cristiana. Il libro può
essere diviso così:
Il matrimonio di Osea e la relazione fra Dio
e il suo popolo (1,1-3,5)
Oracoli rivolti ai sacerdoti, ai capi e
al popolo (4,1-14,10).
Le caratteristiche
Una delle caratteristiche di Osea è
l'abbondanza di immagini, figure e metafore utilizzate per
presentare il suo messaggio. Le più famose sono appunto quella del
rapporto sponsale fra YHWH e Israele e quella della paternità di Dio
(c. 11). Il profeta si scaglia soprattutto contro la confusione
religiosa del suo tempo: sembra infatti che il culto di Baal fosse
accostato senza problemi al culto di YHWH. La mancata consapevolezza
dell'unicità del rapporto tra Israele e Dio è anche la causa del
declino politico del paese: non ci si affida più al Signore, ma ai
rapporti di forza, ai giochi di potere. Per sintetizzare i
comportamenti del popolo Osea dice che essi "hanno violato
l'alleanza". Il pensiero di Osea è vicino a quello del Deuteronomio
e della scuola deuteronomistica.
L'ORIGINE
Le
notizie che possediamo sul profeta Osea sono scarse. Il suo
linguaggio elevato, pieno di immagini e metafore, fa supporre che
fosse uomo di buona cultura. Si discute se il matrimonio, narrato
nei cc. 1-3, sia da intendere come un evento reale, interpretato
simbolicamente, o come un racconto puramente metaforico. Destinatari
delle parole di Osea erano gli abitanti dei territori
settentrionali, cioè del regno d'Israele con capitale Samaria. Gli
anni in cui egli predicò, tra il 750 e il 725 a.C., furono
politicamente turbolenti, segnati dall'espansione della potenza
assira, che portò, nel 722, alla distruzione di Samaria, alla
deportazione di parte della popolazione e alla trasformazione del
regno in una provincia dell'impero assiro. Gli oracoli di Osea
furono forse raccolti da qualche suo discepolo. Dopo la caduta di
Samaria, furono conservati e tramandati nel regno di Giuda, rimasto
indipendente, e adattati alla nuova situazione.
Libro: Gioele
I Contenuti
Il libro del profeta Gioele si divide in
due parti. La prima ha il genere letterario di un lamento, con toni
liturgici, sullo sfondo delle celebrazioni nel tempio di
Gerusalemme; la seconda è piuttosto un oracolo di salvezza, che
contiene la promessa del dono dello spirito del Signore. In essa il
ristabilimento d'Israele è associato alla condanna delle nazioni,
che lo avevano sconfitto e disperso. Lo schema del libro è pertanto
il seguente:
Lamento per una catastrofe, penitenza e risposta del
Signore (1,1-2,27)
Il giorno del Signore e la restaurazione
d'Israele (3,1-4,21).
Le caratteristiche
Il tema
centrale del libro è il "giorno del Signore". Il profeta ne presenta
i molteplici aspetti. È il giorno in cui Dio visita il popolo e ne
constata le colpe; per questo è il momento del castigo. Proprio a
causa del peccato dell'uomo (considerato sia in prospettiva
individuale, sia nelle sue ripercussioni sulla società e sul creato)
il giorno del Signore è giorno di grandi sconvolgimenti per Israele
e per tutto il cosmo; il castigo, però, ha di mira la conversione.
Il giorno del Signore è anche il momento del dono dello spirito del
Signore, che rinnova l'uomo e il cosmo, operando una nuova
creazione. Diventa, quindi, il giorno della salvezza.
L'origine
Di Gioele (nome che significa: "YHWH è Dio")
sappiamo solo il nome del padre, Petuel (1,1). Certamente abitava
nella Giudea. L'epoca degli oracoli di Gioele è discussa. Alcuni
pensano che, almeno in parte, possano essere collocati alla fine del
VII sec. a.C., prima dell'esilio in Babilonia. Altri preferiscono
collocarli uno o due secoli dopo, nella comunità di coloro che erano
rientrati e avevano ricostruito il tempio di Gerusalemme. In ogni
caso, sembra abbastanza chiaro lo sfondo cultuale delle sue parole:
esse sono legate alle celebrazioni religiose del tempio di
Gerusalemme. I destinatari vanno quindi cercati tra coloro che
frequentavano il tempio: sacerdoti e popolo, riuniti per la
preghiera e i sacrifici.
Libro: Amos
I Contenuti
Il libro di Amos contiene oracoli e
visioni, quasi sempre dominati dalla prospettiva del peccato e
dell'inevitabile castigo. Gli oracoli sono, in genere, brevi.
Vengono utilizzate più volte alcune formule caratteristiche della
predicazione profetica, come "Oracolo del Signore"; "Così dice il
Signore..."; "Guai a..."; "Ascoltate...!". Le parole di Amos hanno
un tono di denuncia e di minaccia, annunciando un castigo che sembra
inevitabile. La conclusione del libro (9,11-15) si apre tuttavia
alla speranza: Dio ristabilirà la "capanna di Davide" (9,11). Il
contenuto dello scritto si può dividere in tre parti:
Oracoli
contro le nazioni (1,1-2,16)
Oracoli contro Israele (3,1-6,14)
Le visioni (7,1-9,15).
Le caratteristiche
In Amos
emerge la coscienza del ministero profetico come dovere di
proclamare la parola, che non può essere taciuta: "Il Signore Dio ha
parlato: chi non profeterà?" (3,8). Egli si scaglia soprattutto
contro l'ingiustizia che domina i rapporti umani, sia all'interno
d'Israele (l'aspetto su cui Amos insiste di più), sia nelle
relazioni internazionali (nei primi capitoli del libro). Questo
vivere nell'ingiustizia rende insignificanti le celebrazioni
religiose, che non sono più un incontro con Dio, ma un'altra
manifestazione di egoismo (2,8). Per sradicare la falsa sicurezza
d'Israele, Amos arriva a contestare l'idea stessa della "elezione"
d'Israele (9,7) o, meglio, le interpretazioni distorte che di essa
si davano, quasi si trattasse di una "garanzia" indipendente dalla
fedeltà e dalla giustizia.
L'origine
Amos era
originario di Tekòa, piccola città non lontana da Betlemme, in
Giuda, ma la sua predicazione si svolse nel regno del Nord. Secondo
la datazione presente in 1,1 si deve pensare agli anni intorno al
760 a.C. In 7,14 Amos proclama di non essere un profeta di
professione; l'attività che gli dava da vivere, prima della chiamata
del Signore, era l'allevamento del bestiame. I destinatari delle
parole di Amos sono gli abitanti del regno settentrionale, in
particolare le persone più ricche e i nobili. Dal racconto di
7,10-17 sembra che la predicazione di Amos si svolgesse soprattutto
a Betel, presso uno dei due santuari nazionali del regno d'Israele.
I suoi oracoli furono raccolti da qualche suo discepolo. Nel libro
si trovano tracce di qualche adattamento, che si pensa risalga al VI
sec., ad opera della scuola deuteronomistica.
Libro: Abdia
I Contenuti
Il breve scritto di Abdia (il più breve di
tutto l'AT, un solo capitolo) si presenta come una visione. È
rivolto contro i nemici d'Israele e contiene anzitutto un oracolo
contro Edom, la popolazione che abitava i territori a sud-est di
Giuda. Anche nella seconda parte, comunque, prevalgono i riferimenti
a Edom. La giustizia divina è legata, nella prospettiva di Abdia,
alla sorte d'Israele. Il libro si può dividere in due parti:
Oracolo contro Edom (1-14)
Oracolo contro tutte le nazioni
(15-21).
Le caratteristiche
Lo scritto di Abdia ha
toni molto violenti contro i nemici d'Israele, di cui si attende la
distruzione. Questo aspetto va messo in relazione con l'idea del
dominio universale di Dio, che governa con giustizia i popoli.
Israele ha già subito il castigo per i suoi peccati: ora attende che
siano condannati anche i suoi oppressori, in modo che sia
definitivamente ristabilita la giustizia. Per questo il messaggio di
Abdia è, in definitiva, un messaggio di speranza per Israele.
L'origine
Non sappiamo nulla su Abdia. Alcune
tradizioni lo identificano con l'omonimo maggiordomo del re Acab,
ricordato in 1Re 18,3-7.16; ma il libro appartiene all'età
post-esilica e va datato negli ultimi decenni del VI sec. a.C.
Destinatari delle parole di Abdia sono, probabilmente, gli Ebrei
ritornati dall'esilio, che attraversano momenti di difficoltà. Era
ancora vivo il ricordo degli eventi del 587 durante i quali Edom,
secondo le informazioni riportate in diversi passi della Bibbia,
aveva approfittato della situazione di debolezza di Giuda, occupando
parte dei suoi territori.
Libro: Giona
I Contenuti
A differenza degli altri libri profetici,
Giona non contiene oracoli né visioni. Non è nemmeno da classificare
tra i libri che trasmettono ricordi "storici". È piuttosto un
racconto didattico, una novella, che ha per protagonista un profeta,
Giona appunto, che si oppone alla missione affidatagli da Dio. Si
distingue dal contesto narrativo il c. 2, una preghiera simile ad
alcune di quelle che si trovano nel libro dei Salmi. La preghiera
presenta Giona nel "profondo degli inferi" (2,3), cioè come morto, e
poi liberato da Dio che gli ha ridonato la vita. Per questo, nei
vangeli, Gesù parla del "segno di Giona", per preannunciare la
propria morte e risurrezione (Mt 12,38-42; Lc 11,29-32). Il
contenuto del libro di Giona può essere così riassunto:
Missione
di Giona e suo rifiuto (1,1-16)
Preghiera di Giona (2,1-11)
Predicazione a Ninive e conversione dei suoi abitanti (3,1-10)
Ira di Giona e misericordia di Dio (4,1-11).
Le
caratteristiche
Il libro di Giona è pervaso da un tono
ironico, dovuto all'abilità narrativa dell'autore. L'originalità
dello scrittore sacro appare anche nella conclusione interlocutoria
(4,10-11): si tratta di una domanda a cui il lettore è chiamato a
rispondere. Essa fa emergere l'universalità dell'amore e della
misericordia di Dio. Diventa così chiaro che la parola divina di
condanna, anche quella rivolta ai popoli nemici d'Israele ("Ninive
sarà distrutta": 3,4), non mira tanto alla punizione, quanto alla
conversione.
L'origine
L'autore dello scritto non è
certamente Giona, che ne è piuttosto il protagonista. Alcuni indizi
all'interno dell'opera fanno pensare che l'epoca di composizione sia
tra il V e il IV sec. a.C. Un profeta di nome Giona, figlio di
Amittai, è ricordato nella Bibbia (2Re 14,25), ma è difficile
pensare che il libro sia una narrazione storica delle sue vicende;
piuttosto l'autore potrebbe essersi liberamente ispirato a quella
figura per costruire il proprio racconto. È anche difficile
stabilire con precisione le circostanze di composizione del libro.
Sembra, però, che esso intenda criticare posizioni di chiusura
presenti tra gli Ebrei, preoccupati soltanto di preservare le
proprie tradizioni; l'autore li inviterebbe a una missione nei
confronti delle genti.
Libro: Michea
I Contenuti
Il libro di Michea alterna oracoli di
minaccia e di denuncia a parole di consolazione e di promessa.
Alcuni passi sono paralleli a brani del profeta Isaia, suo
contemporaneo. L'oracolo più celebre è quello che annuncia la venuta
del futuro re messianico da Betlemme (5,1), da dove un tempo era
uscito Davide. L'oracolo è stato ripreso da Matteo, che lo vede
realizzato nella nascita di Gesù a "Betlemme di Giudea" (Mt 2,5-6).
Il libro può essere diviso in quattro parti:
Il peccato della
casa di Giacobbe e dei suoi capi (1,1-3,12)
La restaurazione di
Sion e il Messia (4,1-5,14)
Denuncia dell'ingiustizia e della
corruzione generale (6,1-7,7)
Perdono divino e nuova gloria
d'Israele (7,8-20).
Le caratteristiche
Tema
dominante negli oracoli di minaccia è la condanna dell'ingiustizia
sociale, dell'oppressione verso i deboli, della corruzione dei capi
e dei magistrati. Questo va di pari passo con la denuncia delle
autorità religiose, sacerdoti e profeti, che non predicano secondo
la volontà di Dio, ma secondo gli interessi personali. La
conseguenza di tutto ciò non può che essere il giudizio divino, che
porta alla devastazione del paese e alla sottomissione ai nemici. Da
questo quadro desolato, però, emerge un "resto" che, confidando
unicamente in Dio, sarà riscattato mediante l'opera di un nuovo re,
e vivrà in prosperità e pace. Allora proprio Sion, il monte del
Signore, diventerà il luogo della pace per tutti i popoli.
L'origine
Secondo le indicazioni fornite da 1,1, Michea
predicò nella stessa epoca di Isaia, gli ultimi decenni del sec.
VIII a.C. Era originario di Morèset-Gat, una cittadina a sud-ovest
di Gerusalemme. Destinatari degli oracoli di denuncia di Michea
furono gli abitanti di Gerusalemme, capitale del regno di Giuda; in
particolare i ricchi, i sacerdoti e i (falsi) profeti. Gli oracoli
che contengono promesse di salvezza sono, probabilmente, di altra
epoca e si indirizzano a persone che avevano visto la devastazione
di Giuda nel 587.
Libro: Nahum
I Contenuti
Come indica il titolo (1,1), la maggior
parte del libro di Naum contiene oracoli contro Ninive, capitale
dell'Assiria. A questi oracoli viene premesso un inno che esalta
l'opera del Signore, che agisce contro i suoi nemici con ira e
furore; gli oracoli contro Ninive sono la descrizione concreta di
questa manifestazione di Dio nella storia dei popoli. In diversi
punti, specie nel primo capitolo, la comprensione e la stessa
traduzione del testo ebraico originale è difficile. Il libro può
essere diviso così:
Introduzione e inno a Dio giudice (1,1-8)
Salvezza per Giuda e condanna per i suoi nemici (1,9-2,1)
Oracoli
contro Ninive (2,2-3,19).
Le caratteristiche
Il
punto principale del messaggio del libro di Naum è l'affermazione
del dominio di Dio sulla storia degli uomini. Le grandi potenze,
come l'Assiria, tendono a considerarsi arbitri dei destini dei
popoli, dominatrici assolute degli eventi che pretendono di piegare
ai propri voleri. Ingannate dalle apparenze, le genti si affannano a
cercarne il favore e la benevolenza (3,4). Naum ribadisce invece,
come altri profeti, che tutte le nazioni sono sottomesse al potere
del Signore. Anzi, proprio per la pretesa di sostituirsi a Dio nel
dominio universale, l'Assiria viene colpita dal castigo. Il
particolare legame fra Dio e Israele fa sì che la certezza della
signoria divina sia anche la garanzia di un futuro di salvezza per
il suo popolo.
L'origine
Nulla sappiamo di Naum e
della sua patria, Elkos. Secondo alcune tradizioni la città andrebbe
collocata in Galilea, ma non ci sono certezze in proposito. La
composizione degli oracoli risale probabilmente agli anni intorno
alla conquista di Ninive, ad opera dei Medi e dei Babilonesi,
avvenuta nel 612 a.C. Destinatari delle parole di Naum furono,
dunque, gli abitanti di Giuda al tempo di Giosia. Questo re aveva
avviato un programma di riforma religiosa (vedi 2Re 22,1-23,27) e di
rafforzamento politico del regno. La fine dell'impero assiro e la
caduta della sua capitale, Ninive, sembravano aprire orizzonti di
pace e di prosperità per Israele.
Libro: Abacuc
I Contenuti
Il libro di Abacuc è presentato come un
"oracolo ricevuto in visione dal profeta" (1,1). Esso però contiene
anche una lunga preghiera. Nella prima parte gli oracoli del Signore
sono una risposta alle domande del profeta; nella seconda invece
sono rivolti direttamente a uditori non precisati (i nemici di Giuda
o forse i suoi stessi abitanti). Il brano più noto di Abacuc è 2,4,
il versetto ripreso da Paolo per affermare la tesi della
giustificazione mediante la fede in Gesù Cristo (Rm 1,17; Gal 3,11).
Possiamo dividere il libro così:
Dialogo tra Abacuc e il Signore
(1,1-2,4)
Oracoli di minaccia (2,5-20)
PREGHIERA DI ABACUC
(3,1-19).
Le caratteristiche
Nel messaggio del
libro di Abacuc sta in primo piano la contrapposizione tra giusti e
peccatori, vista nella prospettiva della giustizia divina. Di fronte
al dominio e alla violenza degli empi, il silenzio di Dio e la sua
apparente indifferenza sono il motivo del lamento e della supplica
del profeta. La risposta definitiva di Dio si ha in 2,4: il giusto
vivrà, mentre l'empio soccombe. Fondandosi su questa certezza, il
profeta proclama la rovina e il castigo per i malvagi. Scioglie poi
un inno che esalta l'intervento potente di Dio nella storia degli
uomini, per la salvezza del suo popolo.
L'origine
Non si hanno notizie su Abacuc. Il tono liturgico di buona parte del
libro fa pensare che egli avesse familiarità con le celebrazioni nel
tempio di Gerusalemme. Il libro fu probabilmente composto verso la
fine del VII sec. a.C. Non è facile determinare i destinatari delle
parole di Abacuc, dato che non sono mai menzionati esplicitamente.
Il riferimento ai "Caldei"(cioè ai Babilonesi) come esecutori del
giudizio divino (1,6) fa pensare che gli empi di cui si parla
all'inizio siano gli stessi abitanti di Giuda, forse i capi del
popolo; ma questi esecutori potrebbero essere anche gli Assiri. Gli
altri oracoli, però, sembrano indirizzati contro i nemici d'Israele,
quindi gli stessi Caldei o gli Assiri. In ogni caso, il messaggio di
Abacuc è una parola di consolazione e di speranza per gli Ebrei
fedeli al Signore. Un profeta Abacuc viene menzionato in Dn
14,33-39, ma probabilmente non ha nulla in comune con il profeta a
cui è legato il nostro libro.
Libro: Sofonia
I Contenuti
Il libro di Sofonia contiene oracoli di
minaccia e di giudizio ma anche promesse di salvezza. Il giudizio è
presentato come un intervento di Dio nella storia umana, con
l'immagine del "giorno del Signore" (1,14-16), già presente in Amos
e in Gioele. La descrizione di quel giorno è fatta da Sofonia con
ricchezza di aggettivi e di immagini, che hanno ispirato la
composizione dell'inno medievale Dies Irae, usato per lungo tempo
nella liturgia della Chiesa cattolica per i defunti. La salvezza
annunciata da Sofonia è "per un popolo umile e povero" (3,12), tema
che rimanda alle parole di Gesù: "Beati i poveri" (Mt 5,3; Lc 6,20).
Possiamo dividere il libro così:
Il giorno del Signore (1,1-2,3)
Oracoli contro le nazioni e Gerusalemme (2,4-3,5)
Giudizio e
salvezza per Israele e per le nazioni (3,6-20).
Le
caratteristiche
La profezia di Sofonia vuole soprattutto
affermare che Dio certamente interviene nella storia degli uomini:
non si può pensare, come fanno alcuni contemporanei del profeta, che
Dio sia lontano e indifferente! A ribadire tale certezza si offre
una descrizione del giorno del Signore in cui alcuni termini chiave,
come appunto la parola "giorno", domo ripetuti con insistenza. Un
tratto originale del libro è l'intreccio che si crea fra il destino
dei popoli e quello d'Israele. Il giudizio minacciato è presentato
in una prospettiva di distruzione universale (1,2-3), pur
considerando anzitutto le colpe di Giuda. Gli oracoli di salvezza si
aprono con l'annuncio della purificazione delle genti (3,9) e
continuano con la descrizione della restaurazione di Gerusalemme.
L'origine
Si hanno poche notizie su Sofonia: il nome
di suo padre, Cusì (Etiope), potrebbe far pensare a un'origine
straniera ma il resto della genealogia contiene esclusivamente nomi
ebraici. Si suppone che il profeta fosse nativo di Gerusalemme, per
la sua buona conoscenza della città. L'epoca della predicazione di
Sofonia coincide con gli inizi del ministero di Geremia, al tempo
del re Giosia (1,1). Si deve pensare al periodo precedente la
riforma religiosa, promossa da quel re verso il 622 a.C. (2Re
22,1-23,27). Destinatari del messaggio di Sofonia furono
principalmente i responsabili politici e religiosi del popolo; egli
aveva forse di mira i ministri, che esercitavano il potere durante
la minore età del re. Giuda era allora uno stato vassallo
dell'Assiria ma, con la decadenza del potere di quest'ultima, si
scorgevano già i segni di un mutamento del quadro internazionale. In
tale situazione, Sofonia intravede la possibilità di un radicale
rinnovamento di Giuda, soltanto in parte realizzato dalla riforma di
Giosia.
Libro: Aggeo
I Contenuti
La predicazione di Aggeo vuole spronare gli
Ebrei, ritornati dall'esilio, alla ricostruzione del tempio di
Gerusalemme. Egli collega la riedificazione del santuario alla
manifestazione della gloria di Dio e al compimento delle promesse
messianiche. Diversi temi della predicazione di Aggeo si ritrovano
anche in quella del suo contemporaneo Zaccaria. Il libro contiene
quattro oracoli:
Invito a ricostruire il tempio (1,1-15)
Gloria del nuovo tempio (2,1-9)
Culto e benedizione (2,10-19)
PROMESSA PER ZOROBABELE (2,20-23).
Le caratteristiche
A differenza di altri libri profetici, in cui gli oracoli sono
spesso in forma poetica, il testo di Aggeo è scritto in prosa.
Peculiare è anche la datazione precisa, che viene premessa a ogni
intervento del profeta (si va dall'agosto al dicembre del 520 a.C.).
Aggeo considera i mali che colpiscono il popolo un segno del suo
allontanamento da Dio. Egli identifica la colpa principale degli
Ebrei nella trascuratezza verso il tempio, perché è come se il
popolo trascurasse il Signore stesso. Aggeo si rivolge probabilmente
a uomini stanchi e sfiduciati; la sua accusa è anche un richiamo a
non perdere la fede nel compimento delle promesse divine.
L'origine
Di Aggeo non sappiamo quasi nulla. Nel libro le
introduzioni agli oracoli sono in terza persona: forse la stesura
del testo va fatta risalire a un discepolo del profeta, ma non si
può escludere che questo sia un espediente letterario utilizzato
dallo stesso Aggeo. Destinatari della sua predicazione sono gli
Ebrei ritornati in Giudea dall'esilio, dopo il 538. Molte difficoltà
avevano rallentato i lavori di ricostruzione del tempio. La
situazione economica dei rimpatriati era abbastanza precaria;
inoltre essi dovevano fare i conti con una certa ostilità delle
popolazioni vicine. Così, nel 520 il tempio non era ancora stato
ricostruito. Aggeo prende probabilmente spunto anche dalla
situazione internazionale: alla morte di Cambise (522) erano
scoppiati violenti disordini per la successione nel regno e, solo
dopo qualche tempo, Dario riuscì a salire al trono. In tali eventi
il profeta vede i segni dell'intervento di Dio; per questo sprona
gli Ebrei alla ricostruzione del tempio, simbolo per eccellenza
della dimora del Signore in mezzo al suo popolo.
Libro: Zaccaria
I Contenuti
Nel libro di Zaccaria i cc. 1-8 si devono
distinguere nettamente dai cc. 9-14. I primi risalgono all'opera di
Zaccaria e sono datati tra il 520 e il 518 a.C.; gli altri
presentano differenze di stile e di contenuto tali da far ritenere
che siano stati composti da profeti anonimi, qualche secolo dopo.
Per i cc. 9-14 si parla quindi di "Secondo Zaccaria". Nei primi otto
capitoli, tramite visioni e oracoli, il profeta annuncia un futuro
di salvezza per il popolo, il cui centro sarà il tempio e il culto
che lì si celebra. In Zaccaria assume un forte rilievo la figura di
Giosuè, il sommo sacerdote. Dal tempio, luogo privilegiato della
presenza di Dio, la santità si estende a tutta la terra d'Israele
fino a coinvolgere le nazioni pagane. Nella seconda parte del libro,
in cui predomina l'annuncio della salvezza, si trovano passi che
saranno ripresi dagli evangelisti, come la descrizione dell'arrivo
del re messianico su un asino (9,9; vedi Mt 21,5; Gv 12,15); il
riferimento alle trenta monete gettate nel tesoro del tempio
(11,12-13; vedi Mt 27,3-10); il misterioso accenno a un personaggio
trafitto (12,10; vedi Gv 19,37). La prima parte del libro si può
dividere così:
Appello alla conversione (1,1-6)
Visioni e
oracoli (1,7-6,15)
Questione del digiuno (7,1-8,23).
Nella
seconda parte si possono riconoscere due sezioni:
Annuncio della
salvezza messianica e condanna dei falsi pastori (9,1-11,17)
Restaurazione e splendore di Gerusalemme (12,1-14,21).
Le
caratteristiche
Zaccaria si caratterizza per l'abbondanza e
la vivacità delle immagini simboliche, in particolare nella prima
parte, dove prevalgono le visioni. Immagini e formule da lui usate
saranno riprese nei libri di genere apocalittico, tra cui
l'Apocalisse di Giovanni. Zaccaria ha un forte senso della maestà e
della trascendenza di Dio, che domina e guida la storia. Nella
seconda parte dell'opera si mescolano diversi generi letterari e si
trovano riferimenti a profeti precedenti, in particolare a Geremia,
a Ezechiele e al Secondo Isaia. I temi dell'attesa escatologica,
legati alla manifestazione del regno del Signore negli ultimi tempi,
pur essendo presenti anche nella prima parte, sono molto più marcati
nella seconda. In alcuni passi del libro, il linguaggio metaforico e
i ritocchi apportati al testo da altri autori rendono difficile
l'interpretazione.
L'origine
Zaccaria era figlio, o
forse nipote, di Iddo (1,1; Esd 5,1; 6,14; Ne 12,4); apparteneva a
una famiglia sacerdotale, come mostra anche il suo interesse per il
tempio, il culto e le questioni rituali. Il racconto delle sue
visioni e gli oracoli subirono ritocchi e aggiunte a opera di alcuni
discepoli, prima di essere ordinati da un redattore, che annotò
anche le date della predicazione profetica. Questa prima parte del
libro si rivolge, come il libro di Aggeo, agli Ebrei rientrati
dall'esilio, per incoraggiarli nella riedificazione del tempio e
nella costruzione di una comunità politica e religiosa fedele alla
legge del Signore. Destinatari della seconda parte del libro erano
invece, probabilmente, gli Ebrei che vivevano all'epoca delle
conquiste di Alessandro Magno e delle lotte fra i suoi successori.
Quegli eventi avevano coinvolto Israele, con le catastrofi legate
alle guerre, anche suscitando speranze di liberazione. Per questa
seconda parte del libro la questione dell'autore è complessa. Non è
facile stabilire, infatti, se questi capitoli possano risalire a una
sola persona o se si debba invece presupporre un'opera a più mani.
La data più probabile della composizione dei testi attribuiti al
Secondo Zaccaria è la fine del IV e l'inizio del III sec. a. C.
Libro: Malachia
I Contenuti
I temi che emergono nella predicazione di
Malachia sono soprattutto tre: la necessità che il culto a Dio sia
puro e celebrato con il cuore; l'importanza della famiglia; la
certezza dell'intervento di Dio per giudicare e salvare. Il libro
contiene sei oracoli e una conclusione: la conclusione annuncia il
ritorno del profeta Elia prima della venuta del giorno del Signore.
Da qui l'idea, diffusa anche all'epoca di Gesù, che l'arrivo del
messia sarebbe stato preparato da Elia. Nei vangeli Elia redivivo è
identificato in Giovanni il Battista (vedi Mt 11,13-14). Il libro
può essere così suddiviso:
L'amore di Dio (1,1-5)
Contro i
sacerdoti (1,6-2,9)
Matrimoni misti e ripudio (2,10-16)
Intervento del Signore per il giudizio (2,17-3,5)
Infedeltà del
popolo e castigo divino (3,6-12)
Giusti ed empi nel giorno del
Signore (3,13-21)
Conclusione: il ritorno di Elia (3,22-24).
Le caratteristiche
Gli oracoli del libro di Malachia
si presentano come dispute che il profeta intavola con i suoi
interlocutori: determinate azioni o convinzioni del popolo vengono
messe in questione dal profeta e confrontate con la volontà del
Signore. Malachia si dimostra rigoroso ed esigente nelle questioni
del culto e dei matrimoni misti (unioni di Ebrei con donne
straniere). Questo atteggiamento è motivato dalla necessità di
preservare la fede nel popolo. Privo di indipendenza politica,
Israele poteva mantenere la sua identità di popolo di Dio solo
rimanendo fedele alle proprie tradizioni religiose, e poiché nel
culto e nella famiglia si formava il credente, su questi aspetti non
era possibile scendere a compromessi.
L'origine
La
composizione del libro di Malachia va probabilmente collocata nella
prima metà del V sec. a.C.; in genere si pensa che l'opera di
Malachia preceda le riforme operate da Esdra e Neemia. Un'antica
tradizione ebraica, conservata dal Targum, identifica l'autore del
libro con Esdra, ma tale ipotesi non sembra plausibile. È probabile
che Malachia non sia nome di persona: la parola ebraica, infatti,
significa "messaggero del Signore". Dato il suo interesse per il
culto, si è pensato fosse un sacerdote. Destinatari delle parole di
Malachia furono gli Ebrei del periodo successivo all'esilio, quando
il tempio era già ricostruito e la comunità iniziava a
riorganizzarsi. Ci sono però segnali di crisi di fiducia nel
Signore. Malachia cerca di scuotere i suoi connazionali
richiamandoli alle loro responsabilità e riaffermando la grandezza
dell'amore di Dio per Israele.