Dopo il Pentateuco e prima dei libri sapienziali si trovano
alcuni scritti che riguardano, in vario modo, la storia del popolo
d’Israele. Essi sono: Giosuè, Giudici, Rut, 1-2 Samuele, 1-2
Re, 1-2 Cronache, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, 1-2
Maccabei. Sono libri molto diversi quanto a origine e
genere letterario e hanno, nelle varie Bibbie, differenti
collocazioni.
L’antica Vulgata latina e la
recente Nova Vulgata (1986), pongono i libri dei
Maccabei al termine dell’AT. Questi stessi libri
dei Maccabei, invece, non trovano posto nella
Bibbia ebraica e nelle Bibbie protestanti e anglicane, e neppure i
libri di Tobia e Giuditta. Nella
Bibbia ebraica, Rut e Ester fanno
parte della raccolta dei cosiddetti “rotoli” (meghillot),
cinque libri (assieme a Qoèlet, Cantico e
Lamentazioni) che nella tradizione ebraica sono utilizzati
liturgicamente in alcune feste, e in particolare Rut
per la festa delle “Settimane”, ossia Pentecoste, ed Ester
per la festa del “cambiamento delle sorti” (Purìm).
L’arco cronologico della storia d’Israele abbracciato
dall’insieme di questi libri va dall’insediamento in Canaan (XIII
sec. a.C.), con il libro di Giosuè, fino alla
rivolta maccabaica e al governo della dinastia asmonea (con Giovanni
Ircano I, nel 134 a.C.), con il primo libro dei Maccabei.
Si è soliti definire “storici” questi libri, ma per alcuni di
essi la qualifica di “storici” è molto inadeguata. Per quanto
riguarda il libro di Rut, il suo genere letterario
si avvicina piuttosto alla “novella”, alla finzione narrativa che
proietta al tempo dei giudici problematiche sociali e prospettive
teologiche che si collocano meglio nell’epoca di Esdra
e Neemia (come il problema dei matrimoni misti). I
libri di Tobia, Giuditta ed
Ester, a volte considerati (assieme a 1-2
Maccabei) “libri didattici”, intrattengono un rapporto
piuttosto vago con la “storiografia” e si avvicinano maggiormente al
genere romanzesco, alla narrazione fittizia con scopo edificante.
L’opera deuteronomistica
La ricerca
moderna si è soffermata soprattutto attorno a due gruppi di libri
“storici”: il primo è costituito da Giosuè, Giudici, Samuele
e Re; l’altro da Cronache, Esdra
e Neemia. Per quanto riguarda il primo, è
abbastanza comune oggi, fra gli studiosi dell’AT, parlare di
“Deuteronomista”, e di “opera deuteronomistica”. Deuteronomista è il
nome che viene dato ad un autore o, meglio, a una serie di autori,
che avrebbero dato origine non soltanto al libro del
Deuteronomio, ma anche all’insieme dei libri che lo
seguono: Giosuè, Giudici, Samuele e Re
(da notare che Samuele e Re
nacquero come opere unitarie: la suddivisione in due parti iniziò
con la versione greca dei LXX).
Fu lo studioso tedesco Martin
Noth, nel 1943, a formulare l’ipotesi che l’insieme di questi libri
(da Giosuè a 2 Re) formasse in
origine un complesso organico saldamente unito. Preceduto dal
Deuteronomio (vera introduzione programmatica
all’intera opera), esso narrava la storia d’Israele dal Sinai fino
all’esilio. Secondo Noth, un unico autore, appunto il
“Deuteronomista”, avrebbe redatto quest’opera utilizzando materiali
preesistenti e autonomi, ma guidato da un proprio progetto
letterario e teologico, che emerge soprattutto nei brani
“deuteronomistici” che devono essere attribuiti a lui. Scopo
fondamentale dell’opera, per Noth, era quello di trovare una
risposta ai tristi eventi della fine del regno di Giuda, con la
conquista di Gerusalemme, e l’esilio babilonese: essi sarebbero il
segno del castigo di Dio, che ha così punito i reiterati peccati e
le ripetute infedeltà del popolo e dei suoi sovrani.
Negli anni
successivi al 1943, questa tesi ha subìto numerose rivisitazioni e
correzioni, e anche critiche radicali. Tuttavia, l’idea di un’opera
storica deuteronomistica è seguita oggi dalla maggioranza degli
studiosi, i quali vi distinguono anche due o più fasi redazionali in
epoche diverse. Ma in ogni caso, come si presenta attualmente, essa
mostra un’evidente unità, oltre che per la trama del racconto, anche
per altri elementi e, soprattutto, per un suo particolare stile
letterario.
I libri delle Cronache, Esdra e Neemia
Il Talmud attribuisce i libri di Esdra-Neemia
e 1-2 Cronache a Esdra come loro unico autore. Una
moderna ipotesi esegetica, divenuta convinzione generale a partire
dalla fine del secolo XIX, afferma ugualmente che questi libri
costituirebbero un’unica opera, dovuta ad un solo autore, ma anonimo
e convenzionalmente chiamato “Cronista”, perché a lui sarebbero
dovuti soprattutto i libri delle Cronache. Attivo
in un’epoca databile fra il IV e il III secolo (350-250 a.C.), il
Cronista avrebbe rielaborato l’opera storica deuteronomistica in
1-2 Cronache e presentato la restaurazione
postesilica nei libri di Esdra e Neemia, per sostenere le sue tesi
teologiche a favore delle istituzioni giudaiche dell’epoca.
Questa tesi è stata però fortemente criticata. L’unità dell’opera e
anche una sua ipotetica omogeneità linguistica sono state messe in
discussione. Sono state notate infatti significative differenze
sintattiche e lessicali fra 1-2 Cronache e i libri
di Esdra e Neemia. Le affinità
ideologiche e teologiche lasciano spazio anche a molte divergenze,
ad esempio sulla concezione d’Israele e sulla questione dei
matrimoni misti. Per questi motivi è forse meglio considerare i due
testi come opere autonome, provenienti da ambienti e tempi diversi.
La visione religiosa della storia
Ciò che accomuna questo vasto complesso di libri, da Giosuè
a 2 Maccabei, non è tanto il fatto che essi
raccontino vicende riguardanti in vario modo la storia d’Israele,
quanto piuttosto la prospettiva religiosa unitaria che sta alla base
della narrazione: Dio è presente nella storia e stabilisce con il
suo popolo una relazione di alleanza. Ogni libro testimonia le
enormi difficoltà che Israele, piccolo popolo che viveva in mezzo a
nazioni idolatriche, e spesso dominato da esse, ha dovuto affrontare
per mantenersi fedele a questa alleanza. Sta qui, in definitiva, la
ragione per cui brani così distanti tra loro per contesto storico e
letterario, come ad esempio i cantici di Dèbora e di Giuditta (Gdc
5,2-31; Gdt 16,1-17), possano essere letti come segno di vittoria e
di assistenza divina in ogni tempo, e alimentino pertanto anche le
speranze di un futuro migliore.