La parola italiana "Bibbia" proviene dal greco Biblía,
che significa "libri" e, pertanto, indica una pluralità di scritti.
Dalla lingua greca il termine passò immutato alla lingua latina con
il solo cambio dell'accento: Bìblia. Anche il
termine latino all'origine era un plurale; ma nel Medioevo venne
usato al singolare, e così fu per l'italiano e altre lingue.
Bibbia mette in rilievo, più che un insieme di scritti,
l'unità del libro, nonostante la grande diversità dei suoi autori.
La Bibbia cristiana è divisa in due parti, chiamate Antico
Testamento e Nuovo Testamento. La parola "testamento" è usata con un
valore particolare in riferimento ai libri sacri. In lingua ebraica
la stessa parola significa anche "alleanza", termine che indica in
particolare il patto che unisce Dio al suo popolo.
La Bibbia
ebraica è il libro dell'alleanza stretta fra Dio e Israele al monte
Sinai. Si compone di libri scritti da Ebrei in ebraico, con qualche
sezione in lingua aramaica. Sono testi molto diversi tra loro per
l'epoca di redazione, per il luogo di composizione e per il genere
letterario. La Bibbia ebraica è come una piccola biblioteca formata
da libri che raccolgono tradizioni diverse, la cui prima
elaborazione letteraria può risalire, a volte, fino al X sec. a.C.;
gli ultimi scritti vengono datati alla metà del II sec. a.C. Essi
sono così raggruppati e denominati:
Tutti questi libri fanno parte anche della Bibbia cristiana e
prendono nome, in essa, di Antico Testamento. Va
tuttavia osservato che la Bibbia cattolica accoglie, nell'Antico
Testamento, altri sette libri, composti prima di Cristo, che però
non si trovano nella Bibbia ebraica. Sono: Giuditta, Tobia,
i due libri dei Maccabei, Siràcide, Sapienza, Baruc
con la lettera di Geremia. Anche il contenuto dei
libri di Ester e Daniele è
parzialmente diverso nella Bibbia ebraica e in quella cattolica.
Queste differenze risalgono ai primi decenni della predicazione
cristiana. Già da due secoli prima di Cristo, nelle comunità
ebraiche di lingua greca erano in uso Bibbie tradotte dall'ebraico
in greco ad opera di Ebrei. La più antica e autorevole era quella
che chiamiamo Bibbia dei Settanta (LXX), composta
fra il III e il I secolo a.C. in Alessandria d'Egitto. Essa
conteneva anche i sette libri di cui si è parlato: alcuni tradotti
dall'ebraico, altri composti direttamente in greco. Al tempo della
prima predicazione cristiana, la LXX veniva letta nelle sinagoghe di
lingua greca, alcune delle quali esistevano pure a Gerusalemme (vedi
At 6,9). È dalla Bibbia dei LXX che quei sette libri passarono poi
all'uso della Chiesa cristiana la quale, fin dagli inizi e in
ambienti di lingua greca, la adottò nella liturgia e nella
predicazione.
Dopo la prima guerra romano-giudaica (66-70 d.C.),
che provocò la distruzione di Gerusalemme e del tempio, la
soppressione del sommo sacerdozio e del sinedrio, la deportazione e
dispersione di gran parte del popolo ebraico, alcuni autorevoli
rabbini, forse già verso gli ultimi anni del I sec. d.C., fissarono
l'elenco dei libri sacri: in esso, quei sette libri non compaiono.
Tale elenco lentamente prevalse ed è conservato anche oggi dalla
Bibbia degli Ebrei.
Alcuni secoli più tardi, quegli stessi libri
esclusi dall'elenco ebraico divennero tra i cristiani oggetto di
controversie che, per i cattolici, cessarono con il Concilio di
Trento, il quale nel 1546 li confermò parte integrante della Bibbia.
Per motivare la sua definizione, il Concilio di Trento si fondò su
due elementi: innanzitutto, la certezza di fede che Gesù, risorto
dalla morte, non ha abbandonato i suoi discepoli, ma vive con loro
«tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); in secondo
luogo, il fatto che la Chiesa, per molti secoli, aveva usato
l'antica versione latina Vulgata, ritenendola
autentica parola di Dio. Ora, la Vulgata, assieme
ai libri della Bibbia ebraica tradotti da san Girolamo, conteneva
anche quei sette libri (e alcune sezioni di Estere
Daniele), tradotti dalla Bibbia dei LXX. Lutero,
nella sua traduzione in tedesco della Bibbia, escluse i sette libri,
pur dichiarandone utile la lettura; gradualmente le Chiese nate
dalla Riforma seguirono il suo esempio e accettarono nella pratica
la tradizione ebraica. Per quanto riguarda l'Antico Testamento,
perciò, le Bibbie protestanti e anglicane contengono gli stessi
libri della Bibbia ebraica. Invece, le Chiese ortodosse hanno sempre
conservato, e conservano tuttora come Antico Testamento, la Bibbia
dei LXX.
L'elenco dei libri sacri è chiamato cànone.
Gli studiosi cattolici chiamano "protocanonici" (cioè unanimemente
riconosciuti come sacri fin dall'inizio) i libri contenuti nella
Bibbia ebraica e "deuterocanonici" (cioè riconosciuti unanimemente
come sacri in un secondo tempo) quei sette libri, che non si leggono
nella Bibbia ebraica né nelle Scritture sacre protestanti e
anglicane.
Nella Bibbia cristiana, all'Antico Testamento si
affianca il Nuovo Testamento. Esso comprende ventisette libri, tutti
incentrati sulla persona di Gesù. Vengono per primi i quattro
vangeli: Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Attorno ad essi si dispongono ventun lettere, per la maggior parte
attribuite all'apostolo Paolo o a persone del suo ambiente. In
continuità con i vangeli, il libro degli Atti degli Apostoli
illumina alcuni grandi eventi dei primi decenni della storia della
Chiesa. L'Apocalisse, ultimo libro della Bibbia
cristiana, celebra la regalità di Gesù, Agnello immolato e vivente
nella gloria accanto al Padre (Ap 1,5; 5,6; 22,3).
La Chiesa,
unificando Antico e Nuovo Testamento in un solo libro, ha conservato
le antiche profezie accanto alla testimonianza del loro compimento.
Secondo la fede cristiana, nella morte e risurrezione di Gesù, Dio
ha stretto con l'umanità intera una "alleanza nuova". Questa
alleanza è il cuore del Nuovo Testamento, dove alla Legge antica
subentra il «comandamento nuovo» (Gv 13,34). Ma l'Antico Testamento
è anche il racconto della lunga preparazione di Israele alla venuta
del Figlio di Dio. Ne contiene le profezie e l'attesa. E così, nella
persona e nell'opera di Gesù, il grande libro di Dio trova coesione
e unità. Non possiamo comprendere Gesù e il suo messaggio se li
isoliamo dall'Antico Testamento; né possiamo comprendere appieno
l'Antico Testamento senza la luce che viene dal Nuovo.
La Bibbia nella fede della Chiesa
Il
Concilio Vaticano II ricorda che «la Chiesa ha sempre venerato le
Sacre Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo» (Dei
Verbum, 21) e dichiara che, quando la Sacra Scrittura viene
proclamata nella Liturgia, l'assemblea in preghiera vi ascolta la
voce del Signore risorto (Sacrosanctum Concilium,
7). La comunità cristiana, dalle origini ad oggi, ha considerato la
Sacra Scrittura, insieme con la Tradizione, regola suprema della
fede (Dei Verbum, 21), luogo di incontro con Dio di
imprevedibile fecondità, sorgente di forza per testimoniare la fede
con immutata coerenza. Tramandare la Bibbia senza alterazioni,
tradurla e interpretarla nel più rigoroso rispetto dei testi
originali è, per la Chiesa, compito inderogabile di fedeltà a Dio e
di responsabilità verso i fratelli.
Ma anche al di là della sua
lettura nella fede, la Bibbia è libro prezioso per l'intera umanità,
patrimonio di valori spirituali e culturali. Essa è oggetto di
crescente interesse anche sotto il profilo artistico, per la varietà
dei generi letterari, il vigore espressivo delle immagini,
l'intreccio avvincente dei drammi, l'efficacia comunicativa del
linguaggio. Anzi, la Bibbia è stata nei secoli la grande sorgente a
cui hanno attinto la cultura e l'arte. Figure, eventi, simboli e
temi biblici hanno offerto le immagini per le creazioni più alte
della pittura e della scultura, sono stati trasfigurati nella
musica, hanno dato sostanza alla letteratura, hanno stimolato la
riflessione filosofica.
E, tuttavia, la Bibbia è innanzitutto il
libro della fede cristiana, conservato con amore appassionato dai
credenti e offerto a tutti gli uomini in ricerca di Dio perché, per
il credente, la Bibbia è veramente "parola di Dio". Fin dalle
origini la Chiesa ha creduto che nella Sacra Scrittura è contenuto
il messaggio di Dio per ogni tempo e per ogni persona, perché
composta sotto l'impulso e la guida dello Spirito Santo, quale
strumento di salvezza. Anche oggi questa fede viene professata dal
credente e dalla comunità cristiana, in particolare nelle
celebrazioni liturgiche, nel discernimento spirituale e nelle
decisioni ecclesiali.
Per la fede cristiana autori del Libro
sacro sono insieme Dio e gli uomini che l'hanno scritto. Dio, autore
principale, si è giovato di uomini per comunicare, attraverso le
loro parole, il proprio messaggio. In quanto opera di uomini, i
libri della Bibbia vanno letti tenendo conto della varietà dei
tempi, dei luoghi, delle lingue in cui furono composti. Occorre
tener conto della cultura e delle situazioni in cui lo scrittore
operava, nonché delle conoscenze, dei modi di pensare e di
comunicare propri del suo tempo. A motivo della profonda unità
dell'insieme, inoltre, ogni pagina va spiegata e ricompresa alla
luce di tutto il libro sacro, soprattutto alla luce della persona e
dell'insegnamento di Gesù.
Ma la lettura della Bibbia è tanto più
fruttuosa quanto più il credente è consapevole dello scopo che Dio
le ha assegnato. Dichiara a tale proposito il Concilio Vaticano II:
«I libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza
errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse
consegnata nelle Sacre Scritture» (Dei Verbum, 11).
Questo e non altro è lo scopo di tutte le pagine della Bibbia: la
salvezza dell'uomo. Di ogni singola persona. La Bibbia è un dono che
Dio offre ad ogni suo figlio, per condurlo a sé.
Una lettura
attenta e meditata del grande Libro di Dio diviene fonte
inesauribile di luce soprattutto quando è compiuta nella comunità in
preghiera, docile all'azione dello Spirito. In tale religioso
ascolto il credente coglie, attraverso le pagine della Bibbia, la
voce di Dio che gli parla e lo interpella. Una voce che è potente e
dolce al tempo stesso, che inquieta e consola, interpella e dona
speranza. «La mia parola non è forse come il fuoco - oracolo del
Signore - e come un martello che spacca la roccia?» (Ger 23,29). Ma
i detti del Signore sono anche «più dolci del miele e di un favo
stillante» (Sal 19,11). La parola del Signore è «viva, efficace e
più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al
punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e
alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb
4,12). Essa è, però, anche sorgente di vita e di fecondità
spirituale, è come la pioggia, che scende dal cielo per irrigare la
terra arida e farla germogliare, «perché dia il seme a chi semina e
il pane a chi mangia» (Is 55,10). Essa è sempre la guida sicura nel
cammino spesso oscuro e incerto della storia e della vita: «lampada
per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (Sal
119,105).